Indonesia, continua il caos tra fosse comuni e detenuti in fuga

Sono passati pochi giorni dal  terremoto di magnitudo 7,5 che ha colpito l’isola indonesiana di Sulawesi, che versa ancora nel caos. La conta dei morti continua a salire, tanto che sono state decise sepolture in fosse comuni per evitare il rischio epidemie. E i sopravvissuti devono fare i conti con carenze di cibo e acqua ed episodi criminali.

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Indonesia, sepolture di massa per contrastare il rischio epidemie

«Il numero delle vittime continuerà ad aumentare»: lo ha affermato il portavoce dell’agenzia per la gestione dei disastri, Sutopo Purwo Nugroho. Il bilancio è arrivato a 1203 morti, molti dei quali ancora non sono stati identificati. Probabilmente rimarranno senza nome perché, come ha detto Nugroho, è stata presa la decisione di fare « sepolture di massa delle vittime, per evitare la diffusione delle malattie». I più di 1200 morti di cui parla l’organizzazione di volontariato locale Aksi Cepat Tanggap sono stati tutti recuperati, ma sono ancora moltissimi i dispersi. L’onda anomala ha infatti reso irraggiungibili alcune zone dello Sulawesi:decine di chilometri della fascia costiera infatti non sono ancora state toccate dai soccorsi, le cui operazioni adesso sono una vera corso contro il tempo. La possibilità di trovare  persone ancora vive sotto le macerie è molto bassa, e anche laddove si trovano persone ancora coscienti, è davvero difficile estrarle in sicurezza. Uno dei casi riportati è il salvataggio di una 15 enne, unica sopravvissuta della famiglia morta intorno a lei, il cui salvataggio è stato estremamente pericoloso per il rischio di rottura di un tubo vicino a dove era rimasta incastrata.

Indonesia, in migliaia in fuga dalle prigioni

La furia devastante dello tsunami ha travolto anche tre carceri della zona, e proprio dalle strutture di Palu e Donggala sono fuggiti oltre 1200 prigionieri. Lo fa sapere il ministero della giustizia, le cui dichiarazioni sono state riprese da Channel NewsAsia. «Poco dopo il terremoto –  ha detto Sri Puguh Utami, un funzionario del ministero della Giustizia – il cortile si è riempito d’acqua provocando il panico dei detenuti che si sono riversati in strada» aggiungendo che «questa è sicuramente una questione di vita o di morte per i prigionieri».

Indonesia, l’emergenza umanitaria

I superstiti devono fare i conti mancanza di cibo, energia elettrica ed equipaggiamenti. Molti si sono rifugiati nelle zone dove i pastori ospitano solitamente il gregge, ma non hanno neanche un tetto sotto il quale ripararsi. Il governo indonesiano ha lanciato una richiesta di aiuto internazionale. Il presidente indonesiano Joko Widodo è arrivato a Paul per visitare parte dei 17mila evacuati: «Dobbiamo fare molte cose presto – ha dichiarato –  ma le condizioni non ce lo permettono». Tom Howells, Direttore operativo di Save the Children a Jakarta, ha parlato di «emergenza umanitaria». «Anche se non sappiamo ancora qual è la reale estensione dell’emergenza, le proporzioni sono immense con danni catastrofici in molte aree – continua Howells – Le organizzazioni umanitarie e le autorità locali stanno cercando, con molte difficoltà, di raggiungere le comunità nella zona di Dongala, dove ci si aspetta ci siano i danni più gravi e il numero più alto di vittime. Abbiamo un fortissimo timore per molti dei centri abitati in quell’area».

 

 

Indonesia, La preghiera del papa e il pensiero della Casellati

Il Pontefice ha oggi guidato i suoi fedeli in una preghiera rivolta alle vittime dello tsunami: «Dio consola la popolazione colpita e sostiene gli sforzi di coloro che sono al lavoro per portare aiuti», ha detto. Anche il  presidente del Senato Maria Elisabetta Alberti Casellati ha espresso il proprio cordoglio al popolo indonesiano, sottolineando in una nota che «non mancherà  accanto al conforto e alla partecipazione dei nostri connazionali, la disponibilità ad aiutare l’Indonesia a imboccare il difficile cammino della rinascita».

(Credit Image: © Bnpb Handout/Xinhua via ZUMA Wire)

 

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