Ecco perché cambiare password su Facebook è come «allacciare le cinture se precipiti»

Siamo all’indomani del più grande scandalo che la storia dei social network ricordi, allo stesso livello almeno di Cambridge Analytica. Nel corso della giornata di venerdì, a mercati chiusi, il CEO della compagnia Mark Zuckerberg ha parlato di un grave hackeraggio subito, che ha reso vulnerabili almeno 50 milioni di account e che ha costretto la disconnessione di altri 40 milioni per motivi precauzionali. Il consiglio di Zuckerberg è stato quello di cambiare la password del proprio account per evitare qualsiasi tipo di problema.

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Password Facebook, Wylie dice che cambiarla è inutile

Ma il consiglio, oltre a essere tardivo, è anche sconclusionato. Il Corriere della Sera, infatti, ha avuto modo di confrontarsi con Christopher Wylie, il giovane analista – ex di Cambridge Analytica – che ha fatto partire lo scandalo che ha dimostrato come le elezioni politiche siano state condizionate dall’acquisto di dati personali del social network di Mark Zuckerberg.

Secondo Wylie, non c’è alcuna utilità nell’«operazione di sicurezza» richiesta dal CEO di Facebook: «Come on – risponde Wylie direttamente dal Wired NextFest di Firenze -, sarebbe come allacciare le cinture di sicurezza mentre l’aereo precipita o dire che il problema sono proprio le cinture di sicurezza. Piuttosto, dobbiamo chiederci perché queste società si disinteressino completamente della privacy dei loro utenti, pur traendo da loro profitti enormi ogni giorno».

Non è la password Facebook il vero problema, gli ingegneri devono dichiarare le falle nei loro sistemi

Insomma, se ci si limita esclusivamente a modificare la propria password non si fa altro che adottare una soluzione tampone (in verità molto debole) che potrà essere aggirata da un nuovo attacco, esattamente come è stato fatto qualche giorno fa. Il vero problema, dunque, sta a monte e riguarda proprio le grandi companies dei social network, in modo particolare Facebook.

«Dobbiamo cambiare mentalità – ha suggerito il giovane Wylie, dalle cui dichiarazioni partì lo scandalo di Cambridge Analytica – e iniziare a pensare che ciò che vale per le grandi operazioni di spionaggio può essere applicato anche per i nostri account sui social network. Dobbiamo concentrarsi sui diritti delle persone. Devono essere gli stessi ingegneri che creano i tools a dire dove questi ultimi siano vulnerabili e pericolosi».

(Foto Zumapress da archivio Ansa. Credit immagine: Michael Candelori / Pacific Press via ZUMA Wire)

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