«Cappato ottiene il secondo processo ad una legge incostituzionale del 1930»

21/04/2018 di Redazione

Le parole di Rocco Berardo, dirigente Associazione Luca Coscioni, in merito al secondo processo che coinvolge Marco Cappato. Berardo ci ha scritto una lettera ricordando la lotta di Marco Cappato contro una legge del 1930.

Oggi si terrà una doppia mobilitazione dell’associazione in 120 piazze italiane. Per richiedere l’immediata calendarizzazione sull’eutanasia e sul biotestamento, possibilità ora attiva spesso poco conosciuta.
Le due mobilitazioni sono convocate da Associazione Luca Coscioni insieme a Radicali Italiani, UAAR e Chiesa Pastafariana Italiana sul fine vita in nome di Fabo e Davide Trentini, protagonisti di altrettante battaglie a favore di un diritto umano imprescindibile e contro l’articolo del codice penale risalente al 1930 che norma un tema su misura di una società di circa 90 anni fa.

Qui le parole di Rocco Berardo:

Cappato ottiene il secondo processo ad una legge incostituzionale del 1930

Tutti conoscono la storia di Dj Fabo e la vicenda processuale che vede Marco Cappato imputato per averlo aiutato a raggiungere la Svizzera dove ha ottenuto il cosiddetto suicidio assistito. In pochi, invece, conoscono la storia analoga di Davide Trentini. Davide era malato di sclerosi multipla dal 1993. Aveva 53 anni e la sua vita, segnata da una salute progressivamente sempre più deficitaria, era diventata un calvario. Per questo ha contattato Marco Cappato e poi Mina Welby per poter conoscere come poter accedere alla morte volontaria in Svizzera. Dopo vari incontri e dopo l’aiuto di Mina nello sbloccare alcune procedure burocratiche, svolgendo anche il delicato ruolo di interprete in lingua tedesca con la medesima clinica elvetica, Davide ha ricevuto il cosiddetto semaforo verde. È partito dunque per la Svizzera con Mina con un servizio di ambulanza che ignorava i motivi del suo ultimo viaggio.

In un messaggio di saluto che ha voluto lasciare attraverso l’Associazione Luca Coscioni per spiegare e rendere pubblica la sua decisione ha detto: “Basta dolore”. “La cosa principale è il dolore, bisogna focalizzarsi sulla parola dolore. Tutto il resto è in più”. Così il 13 aprile 2017 in una clinica di Basilea, accompagnato da Mina Welby, ha scelto l’eutanasia, anche lui attraverso il suicidio assistito.

Il giorno dopo Mina Welby, che gli era stata affianco e d’aiuto nel viaggio, e Marco Cappato, che aveva raccolto attraverso l’associazione Soccorso Civile Sos Eutanasia i fondi mancanti per pagare la clinica Svizzera, si sono presentati presso la Stazione dei carabinieri di Massa per autodenunciarsi. Anche in questo caso, come in quello di Dj Fabo, una disobbedienza civile volta a mettere sotto processo l’art. 580 del codice penale, rubricato “istigazione o aiuto al suicidio”, che sostanzialmente vieta in Italia l’aiuto all’atto di morte volontaria consentito in Svizzera.

L’autodenuncia di Mina Welby e Marco Cappato ha dunque aperto un nuovo fronte processuale che mette in gioco la loro libertà: violare l’art. 580 del codice penale, infatti, significa poter essere condannati dai 5 ai 12 anni di reclusione.

L’avviso di conclusione delle indagini preliminari è datato 28 settembre 2017. Con questo atto sono stati avvisati gli indagati della richiesta di rinvio a giudizio da parte della Procura di Massa al Gip, che ha fissato l’udienza preliminare per il prossimo 31 maggio 2018 alle ore 10.30.

A questo punto il Giudice dell’udienza preliminare dovrà decidere se rinviare a giudizio Mina Welby e Marco Cappato, imputati ex art. 110 e 580 comma 1 del codice penale, ovvero per istigazione o aiuto al suicidio sotto forma di concorso.

Questo tipo di decisione porterebbe di nuovo Marco Cappato, questa volta insieme a Mina Welby, di fronte ad una Corte di assise. Saranno giudicati per un reato punito in Italia in modo grave, proprio mentre la Corte di assise di Milano tramite ordinanza ha rimesso la stessa norma alla valutazione della Consulta per giudicarne i profili di costituzionalità.

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