Così i detective di Facebook vanno a caccia di bufale elettorali

In che modo Facebook dà la caccia alle bufale elettorali? Chi lavora per il social network per scovare gli autori di fake news che mirano a condizionare l’opinione pubblica a ridosso del voto? Per dare una risposte a questo tipo di domande bisogna scoprire come lavorano i giornalisti di Pagella Politica, sito di fact checking fondato nel 2012 che Facebook ha scelto come detective per ripulire il dibattito su temi di interesse pubblico. Il tema viene affrontato oggi da Repubblica Milano in un articolo a firma di Luca De Vito (qui l’intervista di Giornalettismo al direttore di Pagella Politica Giovanni Zegni).

 

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La caccia alle bufale elettorali di Pagella Politica per conto di Facebook: ecco come funziona

La redazione è composta da 5 persone, alle quali si aggiungono sei collaboratori. La lotta alla diffusione di notizie false sulle timeline degli utenti avviene con il tipico lavoro giornalistico, cioè verificando le informazioni ed eventualmente smentendo la notizia, se falsa, o ricostruendola se invece parzialmente falsa, manipolata. Pagella Politica è stato fondato sei anni fa da amici studenti di economia, scienze politiche e materie giuridiche, riuscendo nel tempo trasformarsi in uno dei siti più noti per verificare le dichiarazioni dei politici. Facebook li ha scelti perché firmatari dei ‘Poynter International Fact Checking Principles’, i principi di trasparenza a cui aderiscono diversi i siti specializzati in questo tipo di lavoro, di controllo. Repubblica, riportando le parole di Zegni, spiega:

Come funziona il loro lavoro per conto di Facebook? «Abbiamo accesso a un tool con cui visualizziamo tutte le segnalazioni che arrivano dagli utenti su presunte fake news — spiega Zagni — . Alcune di queste sono rilevanti, altre sono inutili. Una volta ci hanno flaggato ( segnalato, ndr) una canzone dei Jalisse». Ci vuole poco a farsi l’occhio sulle bufale doc: spesso vengono messe in circolazione dalle solite pagine e dai soliti siti, ormai professionisti dell’inquinamento mediatico. «Quando ne individuiamo andiamo a vedere se in passato era già stata smascherata o se i diretti interessati l’hanno smentita, quindi facciamo tutte le ricerche necessarie e verifichiamo le informazioni. A quel punto scriviamo un pezzo in cui cerchiamo di spiegare perché la notizia è totalmente o parzialmente falsa. Questo articolo va a finire in una sezione apposita del nostro sito». Quando i giornalisti di Pagella Politica inviano il loro resoconto sulla fake news svelata, Facebook fa tre cose: riduce la diffusione della notizia sulle timeline degli utenti, inserisce l’articolo corretto nell’elenco dei suggerimenti e quando qualcuno prova a condividere il link spazzatura gli mostra anche il pezzo verificato di Pagella Politica. A quel punto l’utente può decidere di condividere comunque la bufala oppure fare un passo indietro e cominciare a documentarsi.

Facebook lascia grande libertà ai ‘detective’ ingaggiati. Il social non effettua un controllo editoriale e non impone limiti al numero di verifiche giornaliere. C’è insomma la libertà di andare a cercare link sospetti anche se non segnalati dagli utenti. Il lavoro di Pagella Politica continuerà per tutto l’anno, anche dopo la campagna elettorale delle Politiche. Anche dopo il 4 marzo, facile previsione, ci sarà bisogno di ripulire le bacheche e provare a fermare il flusso di notizie palesemente false, talvolta anche offensive o violente, condivise da migliaia di utenti.

(Foto Dpa da archivio Ansa. Credit: Oliver Berg / dpa)

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