Beppe Grillo, Stefano Montanari e la storia del microscopio comprato con 300 mila euro

C’è una storia che, passata di sito in sito, è quasi diventata una leggenda dentro il Movimento 5 Stelle. Ha visto uniti e distanti due leader diversi per popoli diversi. Da una parte Beppe Grillo e un Movimento ancora da crescere, dall’altra Stefano Montanari che diverrà poi con gli anni il profilo più seguito dai free vax.

Ironia della sorte la loro storia la racconta Supernova, il libro di Nicola Biondo e Marco Canestrari, in uscita questo venerdì 8 settembre (guarda caso quando M5S festeggerà il decennale del V-Day a Trieste).

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Siamo nel 2005, quando il sito beppegrillo.it è sempre più frequentato e attorno al comico ruotano tante persone che hanno qualcosa da dire: scienziati, giornalisti, politici.

Una di queste – spiega Marco Canestrari, uno dei due autori del libro – è Stefano Montanari, che seguì Grillo durante la sua tournée Incantesimi. Grillo concesse a Montanari alcuni minuti dal suo palco, per sostenere un progetto. Quale? L’acquisto di un microscopio ESEM.

Montanari, in effetti, divulgava le ricerche di sua moglie, la dottoressa Antonietta Gatti, relative a quelle che venivano definite “nanopatologie”, malattie le cui cause sarebbero da imputare a particelle microscopiche dovute all’inquinamento; in particolare, era la tesi di Grillo, agli inceneritori.

Uno dei principali strumenti di lavoro, indispensabili per questa ricerca, un microscopio ESEM, era stato sottratto alla disponibilità di Gatti. Grillo lanciò una raccolta fondi dal Blog e, nel giro di un anno, il microscopio, il cui costo era 370.000 euro, fu ricomprato

Canestrari e Biondo indicano Montanari come la prima delle “vittime” di Beppe Grillo. Già, perché non fu tutto rosa e fiori.

Montanari divenne la prima vittima di una strategia che è ormai nota: due anni dopo accadde infatti qualcosa. La ONLUS a cui era stato intestato il microscopio lo sottrasse alla disponibilità del laboratorio Nanodiagnostics dei due ricercatori.
Il perché non è mai stato davvero chiarito da Grillo che pubblicò solo un’intervista al responsabile della facoltà di Urbino che prese in carica il microscopio. Montanari, nel suo libro, ricostruisce approfonditamente tutta la vicenda, ma non fa il nome di chi, secondo lui, convinse Grillo a fare marcia indietro.
Oggi Montanari è uno dei più noti antivaccinisti in Italia, tema su cui il MoVimento si è sempre dimostrato ambiguo e  contraddittorio

guarda il video:

Come finì la storia del microscopio Grillo?

Qui viene il bello. Per raccontare occorre ripescare in rete alcuni riferimenti. L’intervista a Stefano Papa, preside della facoltà di Scienze e Tecnologie di Urbino, realtà che prese in carico il microscopio, potete leggerla qui.  Le parole di Montanari sul caso potrete trovarle invece qui. La onlus in questione, coinvolta nell’acquisto del materiale, se la prese con il professore Montanari e anche i giornali locali iniziarono a parlare dell’oramai celebre Microscopio Grillo. Partì la querelle. Pure Byoblu ne parlò sul suo sito, toccando a quanto pare un nervo scoperto sulla vicenda (correva il 2009).

Ma al di là delle parole scritte e dette contano i fatti, o meglio le sentenze di un tribunale e ancora di più le interrogazioni parlamentari. Sì, perché il microscopio Grillo è finito anche in Parlamento. Ma procediamo con ordine. C’è una sentenza di primo grado del tribunale di Reggio Emilia che cerca di mettere pace tra i contendenti. La riporta per intero Montanari sul suo sito.

Il microscopio a scansione ambientale Q200 FEG ESEM QUOTA 200 FEI fu acquistato per l’importo di 300 mila euro (soldi raccolti grazia alla raccolta lanciata da Grillo eh). Doveva esser collocato presso il laboratorio Nanodiagnostic,  sia per attività commerciale che per attività di ricerca pura. Nel febbraio 2008 la onlus che si occupò dell’acquisto realizza che non può fare altre attività al di fuori della beneficenza e decide di donare il microscopio all’Università di Urbino con atto notarile. All’interno dell’atto la stessa Università di Urbino si sarebbe impegnata a consentire l’utilizzo dello strumento agli attori (Montanari-Gatti) “almeno un giorno alla settimana”.

La Onlus, nel procedimento che riporta il professore sul sito, sostiene di aver stipulato con Gatti e Montanari una sorta di contratto di comodato d’uso con il Centro di Gebiologia dell’Università di Urbino «con assunzione totale in capo alla dott.ssa Montanari della responsabilità scientifica, e,in un secondo momento, avrebbe ricevuto la richiesta da parte degli attori di donare detto macchinario alla neocostituita “Ricerca Viva”, richiesta rigettata anche in ragione degli insoddisfacenti risultati delle ricerche comunicati dalla dott.ssa Gatti».

Cosa succede? Il Centro di Gebiologia viene soppresso. L’Associazione dona il microscopio all’Università, salva la facoltà della «dott.ssa Gatti di poter utilizzare il microscopio, anche in considerazione della ritenuta incompatibilità di detto uso con scopi commerciali». La onlus sostiene che vi sia il ‘vincolo di destinazione funzionale’: «Sarebbero stati gli stessi attori ad avere affermato, nella lettera di ringraziamento indirizzata alla Associazione, che quest’ultima sarebbe stata proprietaria del bene».

E quindi alla fine che ha deciso il giudice? Ecco il succo dell’intera vicenda.

Alla luce di quanto precede, l’associazione Carlo Bortolani deve ritenersi parzialmente inadempiente al dedotto obbligo di garanzia del “vincolo di destinazione funzionale” (come acutamente osservato dalla associazione stessa, comparsa di costituzione pagina 11), generato dal contatto sociale, non avendo messo in condizione gli attori di poter comodamente usufruire del microscopio; in considerazione di ciò, deve quindi condannarsi l’associazione Carlo Bortolani Onlus a tenere indenni gli attori per tutte le spese che gli stessi dovranno sostenere per le trasferte a Pesaro al fine di utilizzare il microscopio.

Morale della favola? Il microscopio rimane a Urbino proprio per il suo vincolo di destinazione funzionale da preservare e Montanari e Gatti devono esser rimborsati nei loro viaggi da e per Pesaro per poterlo utilizzare. Il rimborso fu quantificato nella somma forfettaria minima di 100 euro ciascuno. Fu stabilito un contratto di comodato d’uso gratuito stipulato nel 2011 tra l’Università degli Studi Urbino e l’Arpam (Agenzia regionale per la protezione ambientale delle Marche).
L’utilizzo del microscopio è stato riservato per 3 giorni alla settimana a ricercatori delegati dall’Arpam, e per 2 giorni alla settimana a ricercatori delegati dell’Università degli Studi di Urbino, tra cui, per uno dei due giorni, i dottori Montanari e Gatti.

La coppia non ha ancora quindi un microscopio suo. E l’oggetto della discordia è finito nel 2016 anche in una interrogazione parlamentare. A farla – guarda un po’ – ex senatori M5S. Risposta per ora nessuna. La onlus, nel 2014 e 2015, si è rivolta per iscritto al direttore generale dell’Università degli Studi di Urbino per escludere l’impiego per lucro da parte dei due ricercatori. L’ateneo ha risposto picche perché non può certo quantificare se quell’uso avvenga o meno per scopo commerciale. Nel 2015 un gruppo di donatori che aveva aderito alla raccolta fondi promossa da Beppe Grillo ha depositato un esposto alla Procura della Repubblica di Urbino e alla Corte dei conti delle Marche «denunciando l’utilizzo a scopo privato dello strumento, di cui è proprietaria l’Università degli Studi di Urbino». Così mentre Montanari parla di “laboratorio massacrato dal ragionier Giuseppe Grillo” la vicenda potrebbe non finire qui.

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