Dipendenza da nicotina: effetti, come funziona (e come uscirne)

Nicotina, perché crea dipendenza fisica e psicologica?

Per rispondere a questa domanda dobbiamo partire dalla natura stessa dell’uomo. Gli animali, e perciò anche gli umani, si ritrovano spesso in uno stato di desiderio. Il desiderio, cioè il bisogno di raggiungere un obiettivo, è il modo in cui la natura ci spinge a cercare le cose di cui abbiamo bisogno: cibo, sesso, riparo, amicizia, sigarette… si, avete letto bene: sigarette. Come molti altri prodotti chimici che creano attrazione nell’uomo, il tabacco per noi è attraente: malgrado i suoi effetti nocivi, continuiamo a desiderarlo e, di conseguenza, è uno dei peggiori disastri per la salute che il mondo abbia mai visto. Il tabacco, infatti, come scrive Marc Lewis sul The Guardian, contiene nicotina che risulta “fisicamente attraente”, cioè crea in noi un certo senso di sollievo e piacere ogni volta che la assumiamo, mentre quando non lo facciamo causa sconforto fisico. La stessa cosa, ovviamente, vale per l’eroina, ma, che ci crediate o no, è meno nociva della nicotina.

nicotina dipendenza
Foto: JOEL SAGET/AFP/Getty Images)

NICOTINA: GLI EFFETTI SULLE CELLULE CEREBRALI –

Il piacere prodotto dalla nicotina è molto complicato e parte dal fatto che le sue molecole arrivano ai recettori (che sono come dei piccoli porti) di diverse cellule cerebrali. Il primo tipo di queste cellule crea acetilcolina, una delle principali sostanze neurochimiche utilizzate dal nostro cervello che ci aiuta a rimanere vigili e concentrati. Migliorando la consapevolezza, la nicotina migliora la nostra sensazione di essere vivi, seppur di poco. Il secondo tipo di cellule cerebrali attaccate dalla nicotina sono quelle che producono dopamina, la sostanza che crea in noi la sensazione di provare attrazione e trepidazione. La dopamina, inoltre, è una delle cause note presente in tutti i tipi di dipendenza ed è anche legata al piacere, sebbene la sua funzione principale sia di provocare desiderio e voglia di raggiungere un obiettivo. I recettori della nicotina, infatti, sono sparsi in tutto il cervello e si attivano a qualsiasi stimolo, che sia di eccitazione o di rilassamento.

NICOTINA E DANNI: SENZA IL CERVELLO “HA FAME” –

La nicotina ci fa sentire bene in modi sottili e complessi, ma, allo stesso tempo, quando si smette di utilizzarla, causa stati terribili, in modi altrettanto sottili e complessi. Come per le altre droghe che causano dipendenza, infatti, il benessere creato dalla nicotina è largamente meno incisivo del malessere causato dalla sua interruzione, poiché tutti i nostri recettori, che per mesi si sono abituati alla loro “dieta” quotidiana di nicotina, diventano affamati ogni qual volta la nicotina manchi. E forse è proprio per questo che la nicotina, tra tutte le droghe, è la più difficile da abbandonare. Gene Heyman, ricercatore americano sulle dipendenze, ha compilato una lista epidemiologica sul tempo necessario per abbandonare le diverse droghe ed ecco ciò che ha scoperto:

Calcolando l’inizio della dipendenza con la data della prima assunzione, la metà delle persone dipendenti dalla cocaina riescono a smettere, continuando ad utilizzare la droga a livelli sempre minori, dopo 4 anni, mentre per la marijuana occorrono 6 anni. Al contrario, l’alcol e le sigarette richiedono un tempo decisamente maggiore. Per l’alcol, la metà strada per la remissione non viene raggiunta prima dei 16 anni e per le sigarette non prima dei 30 anni. (Cfr. GM Heyman, Quitting drugs: Quantitative and qualitative features. Annual Review or Clinical Psychology, 2013).

NICOTINA: 30 ANNI PER DISINTOSSICARSI COMPLETAMENTE –

Trent’anni! Più di sette volte il tempo richiesto per la cocaina. Ecco una buona ragione per non iniziare mai. La dipendenza fisica, con i suoi piaceri e rischi, è solo un ramo di un albero assai più grosso e ci vuole parecchio per vedere il tutto nel suo complesso. Ma concentriamoci sulla parte psicologica della dipendenza. La dipendenza psicologica è decisamente più insidiosa di quella fisica, sia perché vi si può trovare la spiegazione del perché la gente continui ad essere a rischio di ricaduta molto tempo dopo aver abbandonato la sostanza, sia perché spiega il motivo per il quale sostanze che non causano crisi d’astinenza creino comunque dipendenza. E tra queste ci sono la cocaina, la marijuana e l’alcol (che causa problemi solo se è stato consumato in grandi quantità per lunghi periodi). Ci sono infine quelle dipendenze che non implicano alcuna sostanza: il gioco d’azzardo, il sesso, la pornografia, internet (oggi classificato come disturbo psichiatrico) e, ovviamente, i disturbi dell’alimentazione, che possono essere più difficili da sconfiggere dell’eroina. Dunque, come funziona una dipendenza che non si basa su una cosa fisica?

 

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NICOTINA: NON SOLO UNA DIPENDENZA FISICA, MA ANCHE PSICOLOGICA –

La prima cosa da capire è che una dipendenza psicologica è anche fisica: gli stati psicologici dipendono dal nostro cervello e, ovviamente, il cervello è un ente fisico. La brama, poi, è ciò che ci porterà ad una ricaduta. Qualsiasi persona con una dipendenza potrà spiegarvi come essa sia come un acido che vi corrode mentre si cerca di fare la scelta giusta. Dunque, come funziona la brama e come si crea? Essa non è altro che un intenso desiderio, giunta a noi perfezionata da centinaia di milioni di anni di evoluzione. Il desiderio ci serve per sopravvivere e lo proviamo continuamente: quando ci innamoriamo, guardiamo la nostra squadra preferita, odoriamo l’odore del barbecue o preghiamo il nostro dio. Diversamente però dalle crisi d’astinenza, provare desiderio è naturale, sebbene possa farci facilmente brutti scherzi (e qui sta il problema quando si parla di dipendenza).

DIPENDENZA DA NICOTINA: TUTTO COMINCIA CON IL DESIDERIO –

Provare brama per una persona, una squadra o una droga, diventa un’abitudine fondamentale nel ciclo ripetuto di desiderio-raggiungimento-perdita. Lo vuoi, lo ottieni, lo perdi. La tua squadra perde, il tuo partner è infuriato e le droghe prendono piede. Ogni volta che questo ciclo si ripete, una serie di connessioni nel tuo cervello si rinforza. L’attenzione, nutrita dal desiderio, aumenta le connessioni (sinapsi) nelle cellule cerebrali dedite a ciò che tu non puoi fare a meno di desiderare. Ad ogni ripetizione, l’ammasso di sinapsi di arricchisce: milioni di nuove sinapsi riempiono lo spazio vuoto e, quando un promemoria o “stimolo” si presenta, l’ormai familiare configurazione sinaptica si attiva, proprio come delle luci di Natale. Ecco che sopraggiunge il senso di brama. A causa della persistente brama (e la corrispettiva perdita di controllo), esperti di dipendenza in tutto il mondo definiscono la dipendenza una malattia mentale. Autorità mediche, psichiatriche e di riabilitazione sono solite definirla come un sequestro della mente e propongono come soluzione altre droghe, incontri di gruppo, internamenti in strutture specializzate a costi enormi e poco altro.

DOVE SI SVILUPPA DI PIÙ E COME COMBATTERLA –

Più che come una malattia, viene spontaneo vedere la dipendenza come un metodo di sopravvivenza del cervello: ricerca piacere e sollievo in un mondo che di certo non è di grande aiuto. Altri ricercatori hanno riconosciuto che la dipendenza cresce più facilmente nel vuoto, in ambienti privi di persone, con stipendi più alti, nelle comunità con strette relazioni interpersonali e grande stima di sé stessi. Il desiderio può essere messo a disposizione di moltissime azioni: nell’amore per i propri figli o animali, nella cucina, nel collezionare francobolli. Oppure, può bloccarsi sulle droghe, inclusa la nicotina, quando quel senso di vuoto si fa sentire. Il cervello, così, crede che quella dipendenza sepolta indichi una storia di profondo apprendimento, non una malattia. Per combatterla, dunque, è necessario trovare i sentimenti e le condizioni che spingono le persone a cercare un piacere di breve durata che ha però conseguenze ben più durature. Per nostra fortuna, comunque, il nostro cervello cambia con noi, dandoci la possibilità, con un po’ di esercizio, di cambiare le nostre abitudini e sconfiggere le dipendenze.

(Photocredit copertina: Getty Images)

(Scritto da Beatrice Mazzoleni)

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