Per usare le app di Poste Italiane è obbligatorio concedere l’accesso ai dati del telefono
La "novità" è stata introdotta di recente, ma ci sono molte perplessità - per usare un eufemismo - su questa trovata
04/04/2024 di Enzo Boldi
Ci siamo trovati più volte a criticare, legittimamente, le applicazioni che richiedevano l’autorizzazione ad accedere a molti dei dati presenti sui nostri dispositivi. Spesso e volentieri, questa dinamica è presente sui social network o su altre app relative al settore gaming. Insomma, un qualcosa non propriamente necessaria e indispensabile nella vita di tutti i giorni. Ma se tutto ciò accadesse a strumenti digitali strettamente fondamentali? È il caso dell’app di Poste Italiane che nel suo ultimo aggiornamento (per Android) ha introdotto una novità poco piacevole – per usare un eufemismo – per tutti gli utenti che la utilizzano.
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Come stanno denunciando molti utenti su X, questa richiesta paradossale – e che sembra travalicare anche i confini dei Regolamenti vigenti, anche quelli europei – è apparsa dopo l’aggiornamento Android (per il momento sembra che su iOS non sia cambiato nulla) dell’app Poste Italiane e la nuova versione della piattaforma per smartphone.
Dopo aver “scoperto di più”, si arriva alla scheda per procedere con l’accesso al proprio account. Ma prima di poter inserire le proprie credenziali (o procedere con il riconoscimento biometrico), ecco apparire una schermata piuttosto sui generis.
«Al fine di prevenire potenziali frodi e assicurarti un’esperienza ancora più sicura nell’utilizzo delle sue applicazioni, Poste Italiane introduce un nuovo presidio di sicurezza. Clicca sul bottone “Vai alle impostazioni” e autorizza l’App Poste Italiane ad accedere ai dati per rilevare la presenza di eventuali software dannosi. La funzionalità è obbligatoria, attivala subito. In assenza di tale autorizzazione hai a disposizione un numero massimo di 3 accessi dopo i quali non ti sarà più possibile accedere ed operare in app».
App Poste Italiane, la richiesta di accesso ai dati
Leggendo questo testo, sembra che l’app Poste Italiane si stia trasformando in una sorta di antivirus non richiesto (che ha le sembianze di uno spyware) che scansiona (ma non si sa in che modo e con quali software) lo smartphone dell’utente alla ricerca di malware. E non si può dire di no: per proseguire nell’utilizzo dell’applicazione è necessario accedere alle impostazioni e autorizzare l’app ad accedere ai dati del telefono. Se non si procede in questa direzione, è concesso solamente un margine di tre accessi. Dopodiché, non si potrà più utilizzare l’applicazione. Questo discorso non vale solamente per l’app di Poste Italiane, ma anche per quelle di BancoPosta e di PostePay. Per fortuna, almeno per il momento, PosteID – l’app per lo SPID – non prevede questo paradigma.
Perché ne stiamo parlando? Giornalettismo, nel monografico di oggi, cercherà di spiegare tutti i problemi di questa “trovata” che ha riflessi anche sulle modalità di accesso non da smartphone, ma da pc. Nelle comunicazioni di Poste, infatti, c’è scarsissima trasparenza e un rimando alla prevenzioni alle truffe online. Il fine giustifica i mezzi? Non proprio. Tra i tanti problemi c’è anche il mancato rispetto della direttiva PSD2 (che Poste cita come riferimento) e il GDPR. Infatti, nell’informativa privacy di Poste Italiane viene esplicitamente spiegato che i dati degli utenti possono essere utilizzati anche per fini commerciali. Abbiamo chiesto all’azienda guidata dall’Amministratore Delegato Matteo Del Fante, di rispondere a tutte le perplessità – sempre per usare un eufemismo – che stanno emergendo. Ma a rendere tutto ancor più preoccupante c’è anche il piano del governo sulla privatizzazione di Poste.