La speranza per l’immunità: gli anticorpi sviluppati dai pazienti guariti da Covid-19

30/04/2020 di Redazione

Una nuova speranza potrebbe cambiare le sorti di questa epidemia di coronavirus. Secondo uno studio realizzato da Quan-Xin Long et alii e pubblicato sulla prestigiosa rivista Nature nella giornata di ieri, le persone che risultano guarite da coronavirus hanno sviluppato degli anticorpi che potrebbero ostacolare il ritorno della stessa malattia. Un’altra conseguenza diretta di questo aspetto riguarderebbe invece i test sierologici, quelli cioè che anche l’Italia sta iniziando ad avviare per la mappatura del contagio: il fatto che si sviluppino questi anticorpi, rilevati dal test, potrebbe quindi perfezionare l’affidabilità di questa prassi di tracciamento del virus.

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Anticorpi coronavirus, come vengono sviluppati

Ecco la sintesi dello studio di Nature che ha portato a stabilire che i pazienti contagiati da coronavirus, nei giorni successivi sviluppano gli anticorpi per la stessa malattia. Questo aspetto potrebbe essere molto importante per quanto riguarda l’immunità:

«Segnaliamo – si legge nell’abstract di Nature – risposte anticorpali acute a SARS-CoV-2 in 285 pazienti con COVID-19. Entro 19 giorni dall’esordio dei sintomi, il 100% dei pazienti è risultato positivo all’immunoglobulina G (IgG) antivirale. La sieroconversione per IgG e IgM si è verificata contemporaneamente o in sequenza. Entrambi i titoli di IgG e IgM hanno raggiunto il plateau entro 6 giorni dalla sieroconversione. I test sierologici possono essere utili per la diagnosi di pazienti sospetti con risultati RT-PCR negativi e per l’identificazione di infezioni asintomatiche».

«Seppure in quantità variabili – ha detto Roberto Burioni su Twitter, annunciando l’esito dello studio pubblicato – i pazienti guariti da Covid-19 producono anticorpi contro il virus. Questo è bene perché rende affidabile la diagnosi sierologica e, se gli anticorpi fossero proteggenti, promette bene per l’immunità».

Anticorpi coronavirus, i meccanismi di sviluppo

Nello studio vengono citati due fattori: l’IgG e IgM. Si tratta delle immunoglobine: le immunoglobine M (IgM) sono gli anticorpi che vengono prodotti non appena si sviluppa un’infezione e se le IgM sono presenti nei referti delle analisi del sangue significa che c’è un’infezione in corso. Al contrario, le immunoglobine G vengono prodotte in seguito a un’infezione e rimangono in circolo per tutta la vita, garantendoci quindi l’immunità nei confronti dell’agente patogeno.

Importante la conversione dell’IgM e dell’IgG, quindi, nel 100% dei casi studiati. I pazienti ammalati di coronavirus, quindi, sviluppano contemporaneamente le difese per combattere questa malattia.

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