Alter Ego, oltre ai dati personali ora i colossi del web «ci rubano» anche i pensieri

Google sta sperimentando in questi giorni Alter Ego, il dispositivo che – se vogliamo utilizzare un’espressione romanzata o da serie tv alla Black Mirror – «ti legge nel pensiero». Secondo gli sviluppatori del Mit Media Lab, si potrà presto fare una ricerca sul motore di ricerca di Mountain View semplicemente pensandola.

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ALTER EGO GOOGLE, COS’È IL SISTEMA IN VIA DI SPERIMENTAZIONE

Una innovazione non da poco, che ci fa slittare dalla realtà alla fantascienza. A descriverla nella maniera più efficace è proprio uno dei ricercatori che sta partecipando alla sperimentazione: Arnav Kapur ha affermato che è esattamente come «avere i superpoteri». Tuttavia, c’è una spiegazione scientifica che – ci scommettiamo – vi lascerà comunque senza parole.

I muscoli della nostra faccia, in realtà, ricevono degli impulsi dal cervello anche quando si sta pensando qualcosa che poi non sarà per forza pronunciata ad alta voce. Una sorta di dispositivo che si fissa dietro al nostro orecchio e che attraversa con una sorta di arco la nostra guancia sarà collocato in una posizione tale da poter captare tutti questi impulsi. Trasformandoli in una ricerca su Google.

ALTER EGO GOOGLE, MA NON SOLO: I SISTEMI SIMILI. NEANCHE I PENSIERI SARANNO PIÙ SEGRETI

Il tutto in rigoroso silenzio. Nel corso della sperimentazione, i ricercatori hanno fatto in modo di individuare le parti esatte del volto a cui arrivano gli impulsi del cervello. Il risultato è che Alter Ego, ora, ha una accuratezza del 90% sui numeri e sulle parole che gli vengono trasmessi. Quindi, l’esperimento è in fase piuttosto avanzata. Una sorta di intelligenza artificiale aumentata, strada battuta anche da altri grandi colossi del web.

Anche Facebook, infatti, in passato ha provato a «leggere nel pensiero» degli utenti, trasformando ciò che gli utenti hanno in mente in parole scritte. Un gran bel problema ai tempi di Cambridge Analytica. Fino a questo momento, se ci eravamo rassegnati a utilizzare i social network «accettando» la cessione dei nostri dati personali, eravamo almeno convinti della segretezza dei nostri pensieri. Ma, a quanto pare, dovremo ricrederci anche su quest’ultimo aspetto.

 

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