Glovo spiega la mail inviata al rider morto e dice che l’algoritmo non impone di correre

L'intervista a Repubblica di Mario Castagna, responsabile delle relazioni esterne del servizio di delivery

09/10/2022 di Redazione

La ferita della mail inviata a Sebastian Galassi, il rider di 26 anni morto durante una consegna, è ancora aperta, anche se Glovo aveva già abbondantemente spiegato la natura dell’equivoco. Tuttavia, il messaggio automatico che è arrivato all’indirizzo mail di un giovane morto da poco rappresenta comunque il simbolo di un meccanismo – quello della chiamata dei rider al lavoro e quello del modo in cui questo stesso lavoro si svolge – che si basa ancora una volta sull’intelligenza artificiale che ragiona in maniera molto diversa da quelle che sono le esigenze umane. Per questo, le parole con cui il responsabile per le relazioni esterne di Glovo, Mario Castagna, intervistato da Repubblica, vuole chiudere la questione impongono una riflessione. Dice che l’algoritmo di Glovo non impone ai rider di correre. Anche se, spiega poi, l’algoritmo stesso tiene conto del tempo necessario per la consegna.

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Come funziona l’algoritmo di Glovo

L’algoritmo di Glovo per la selezione del rider e, successivamente, per il suo compenso, parte da alcuni assunti che vengono presi in considerazione in automatico, attraverso la localizzazione delle parti in gioco: il rider, il ristorante, l’utente finale al quale deve arrivare la consegna. Per quanto riguarda i compensi, c’è un tempo stimato – sulla base di alcuni fattori studiati dal sistema informatico di Glovo -, c’è una eventuale maggiorazione notturna o in caso di pioggia. Mario Castagna sostiene, intervistato da Repubblica, che non ci sia alcun incentivo di produttività. E che, quindi, non è necessario correre per allinearsi all’algoritmo.

In realtà, i rider hanno bisogno di effettuare più consegne al giorno: il compenso orario, fissato in un minimo di 10 euro, spinge chi fa questo lavoro a cercare di mettere insieme più ore o frazioni di ore. Impossibile, altrimenti, condurre una vita normale. Il manager di Glovo sostiene, però, che «permette di integrare un’attività prevalente o di formazione». Dunque, l’assunto di partenza è che il rider debba avere anche un altro lavoro per potersi comportare esattamente come chi aveva progettato il suo sistema aveva immaginato. Ma la realtà dei fatti, spesso, è molto diversa. E quell’algoritmo che viene citato (con tanto di sistema automatico che invia mail nel cui testo si dice che non sono state rispettate i termini e le condizioni di Glovo da chi, poche ore prima, era morto durante una consegna) rappresenta, molto spesso, l’unica entità con cui tanti ragazzi possono confrontarsi. Perdendo in partenza.

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