Vi ricordate lo stupro di Melito Porto Salvo? All’agente coinvolto ridanno la divisa
10/01/2018 di Redazione
Ha salvato gli stupratori, aiutando anche suo fratello. E ha approfittato della stessa minorenne coinvolta nel caso di violenza di Melito Porto Salvo. Eppure, nonostante ciò, può riavere la sua divisa da poliziotto. A deciderlo il Tar della Lombardia a cui l’agente si è rivolto. Del paradossale caso ne parla oggi Il Giornale. E se ben ricordate di questo caso se ne parlò anche negli anni passati. Vi ricordate il paese contro la giovane per cui “se la era andata a cercare”? Bene, per spiegarvi questa vicenda bisogna procedere per gradi.
IL CASO DI MELITO PORTO SALVO
Era il settembre del 2016 quando la procura di Reggio Calabria arrestò un branco di stupratori guidato dal giovane esponente della famiglia Iamonte, uno dei clan storici della zona. La fidanzatina di uno del branco, Davide Schimizzi, era stata ricattata
dal suo ragazzo: se non vai anche con i miei amici, faccio girare le tue foto nuda. Lei è finita così in un turbine di abusi e violenze duranto oltre due anni. Dalle carte dell’inchiesta – riporta il Giornale – uscì il nome Antonino Schimizzi, il fratello di Davide, poliziotto in servizio a Monza.
In pratica – secondo quanto riporta su Il Giornale il giornalista Luca Fazzo – Davide si rivolse al fratello per capire come meglio muoversi. Si scoprirono così alcuni consigli.
«Allora tu in ogni qualsiasi caso ti chiamano, tu vai e dici io non mi ricordo niente! Perché no! Gli devi dire che quando mi chiamate in giudizio poi ne parliamo, adesso a titolo informativo non vi dico niente! E scrivete quello che volete! Non ho nulla da dichiarare! Esattamente così! Così gli devi dire! Davide non fare u stortu, così gli devi dire, perché altrimenti ti fanno fare, ehm ti danno un’altra cosa, tu non gli dire niente, perché se gli dici qualcosa fanno un’altra cosa loro, capito? E poi rompono i coglioni!»
Antonino poi – secondo le carte – approfittò anche della minore in questione. Si trattava di un rapporto consenziente con una giovane 15enne ma nell’ordinanza di custodia il giudice rimarcò come «la giovane parla di consenso, ma la sua volontà già acerba ed incompleta per età e condizione evolutiva, era fortemente viziata e mutilata da una condizione di disistima e di disprezzo
per la propria persona e di totale svilimento del proprio corpo che era stato ridotto (non da lei, ma da un manipolo di
balordi) ad oggetto da usare al soddisfacimento dei propri brutali e patologici istinti sessuali».
Il 10 gennaio 2017 il Consiglio di disciplina ha destituito il poliziotto dal servizio. Proprio per colpa dei consigli dati al fratello che dimostrarono «l’assenza dei valori di lealtà, rettitudine e abnegazione che devono rappresentare il patrimonio genetico di ogni appartenente alla polizia di Stato». Schimizzi ricorre e il Tar della Lombardia gli dà ragione. Il motivo? L’uomo quando aveva avuto rapporti sessuali con la vittima non prestava servizio in polizia ma nell’esercito.
(foto di repertorio Ansa)