Le acque di scarico potrebbero aiutare a mappare i nuovi contagi da coronavirus

22/04/2020 di Redazione

Mentre si cerca di affidarsi alla tecnologia e alle applicazioni per provare a tracciare la linea del contagio da coronavirus, una risposta inattesa su una nuova possibilità di mappatura per la diffusione del coronavirus potrebbe arrivare dalle acque di scarico. Uno studio del Dipartimento Ambiente e Salute dell’Istituto Superiore di Sanità apre uno spiraglio sul fatto di poter individuare aree delle nostre città o dei nostri centri urbani in generale all’interno delle quali il coronavirus potrebbe essere più diffuso.

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Acque di scarico, la possibilità di mappare il coronavirus

Il tutto attraverso le analisi delle acque di scarico, all’interno delle quali sono contenute delle tracce evidenti del virus. Uno studio che non sia esclusivamente a campione, ma che possa essere in realtà più sistematico e più lungamente protratto nel tempo potrebbe far comprendere le variazioni della presenza del virus in una determinata area urbana, consentendo alle autorità sanitarie di intervenire per tempo per identificare nuovi focolai.

Lo studio che è stato condotto dall’ISS, al momento, trova riscontri in altre anche in altri gruppi di ricerca in Olanda, Massachusetts, Australia e Francia. Insomma, si sta venendo a creare già una vasta letteratura sul tema, anche se – nel caso specifico – lo studio sulle acque di scarico dovrà ancora essere pubblicato. Le tracce del virus, al momento, sono state ritrovate negli 8 campioni di acque di scarico raccolti dal 3 al 28 febbraio a Milano e dal 31 marzo al 2 aprile a Roma.

Il virus circola nell’acqua. O meglio una sua componente circola nell’acqua. Tuttavia, dal momento che le risorse idriche che arrivano nelle nostre case vengono sottoposte a rigidi processi di potabilizzazione, non ci sarebbe alcun rischio per la salute umana relativo alla possibilità di contrarre il coronavirus a partire da un bicchiere d’acqua del nostro rubinetto.

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