Aborto in Usa, si corre ai ripari con le app per monitorare il ciclo

In molti stanno consigliando di disinstallare immediatamente le app che monitorano il ciclo, alcune di queste stanno iniziando a mettere in campo la crittografia end-to-end

Quanto può contare la mole di dati che consegni ogni mese all’applicazione installata sul tuo smartphone per monitorare il ciclo mestruale? Tanto, se sei negli Stati Uniti dal momento in cui la sentenza Roe v. Wade che garantiva il diritto di abortire è stata ribaltata. Cosa significa questo? Non che l’aborto in Usa sia attualmente vietato ma che ogni Stato ha la facoltà di decidere per sé. Cosa è accaduto finora? A tre giorni dallo storico e anacronistico – impossibile non sottolinearlo anche con un certo sgomento – risultato, sono nove gli stati che hanno vietato l’aborto e dodici quelli in procinto di farlo. Da quando la notizia è stata data il dibattito sulla questione e sull’utilizzo di app per monitorare ciclo si è infiammato.



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Aborto vietato in Usa, la preoccupazione per i dati raccolti dalle Big Tech

Che negli Stati Uniti si vendano dati relativi anche solo al passaggio di un individuo in una clinica abortiva è cosa nota. Già negli scorsi mesi, quando il ribaltamento della sentenza Roe v. Wade che ha sancito e garantito la libera decisione delle donne quando si tratta del loro corpo per decenni, si dibatteva in maniera accesa del fatto che le piattaforme e le app – registrando i nostri dati spesso e volentieri in seguito a politiche di trattamento poco trasparenti – in alcuni casi possano vendere a scopo di ricerca determinati tipi di dati che poi, per, per la ricerca non vengono utilizzati.



Nell’ambito della preoccupazione manifestata per questo fenomeno – con le Big Tech attenzionate e che sanno perfettamente come, negli stati in cui l’aborto verrà vietato, le autorità potranno chiedere loro conto di tutta una serie di dati per condurre indagini – risulta emblematico un caso di cui, tra gli altri, abbiamo parlato: di recente i PM del Mississippi hanno accusato una donna di omicidio di secondo grado dopo che, tramite il suo smartphone, aveva fatto ricerche relativamente a farmaci sull’aborto nel suo terzo trimestre.

Casi come questo evidenziano in quale misura e modo le autorità abbiano facile accesso ai dati raccolti dalle Big Tech, anche una semplice ricerca su Google o un dato di geolocalizzazione in una clinica, e in che modo li utilizzino per far rispettare le leggi sull’aborto.



La questione delle app per monitorare ciclo da cancellare

Come vediamo nella vita di tutti i giorni, i nostri dati vengono raccolti e – a volte – conservati anche a nostra insaputa per via delle poche restrizioni che i governi pongono nella gestione informazioni raccolte e cedute a terzi. In questo clima è nato un dibattito su un tipo di applicazione che moltissime donne utilizzano per tenere traccia delle proprie mestruazioni, di un eventuale stato di gravidanza e di tutto quello che riguarda il ciclo mensile. In questa tipologia di app – di cui ne esistono moltissime – si inseriscono i dati più disparati, dal primo all’ultimo giorno di mestruazioni passando per i sintomi fino all’eventuale rapporto non protetto avuto in una determinata fase del mese (magari quella fertile).

Si tratta, insomma, di veri e propri diari che scandiscono il ciclo mestruale di milioni e milioni di donne. Sono moltissime le persone che, sui social, stanno consigliando di cancellare immediatamente le app di tracciamento del ciclo mestruale (tra queste anche l’attrice Blake Lively, mostrando come la tematica stia a cuore a moltissime persone che – senza pensarci due volte – si stanno esponendo in tal senso). La necessità di cancellare le app che monitorano il ciclo mestruale è, considerato tutto, reale nei paesi in cui l’aborto è stato o sta per essere vietato vista la possibilità delle forze dell’ordine di accedere a questi dati.

App per ciclo mestruale con crittografia end-to-end: si corre ai ripari

Stardust, un’app per monitorare il ciclo, ha fatto sapere di essere l’unica app riconosciuta – approfittando anche un po’ del momento per fini commerciali, ovviamente – a funzionare con crittografia end-to-end. L’utilizzo di questa tecnologia rende impossibile a chiunque – che sia Google o che siano terze parti – di accedere ai dati inseriti.

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L’annuncio del nuovo approccio per proteggere i dati delle utenti alla luce di tutto quello che accade – tra attacchi hacker e posizioni governative – è stato fatto su TikTok da Rachel Moranis, fondatrice di Stardust. La preoccupazione in merito alla direzione che la situazione stava prendendo aveva già spinto l’app a modificare la policy garantendo maggiore sicurezza agli utenti: «L’utilizzo di questo tipo di crittografia significa è che se veniamo citati in giudizio dal governo, non saremo in grado di consegnare nessuno dei vostri dati di tracciamento del periodo – afferma nel video – Sono completamente anonimizzati rispetto ai vostri dati di accesso. Non possiamo vederli».