Le analogie tra i “casi” Waffler69 e YouTubo Anche Io

Due personaggi distanti tra loro, ma protagonisti di due modelli social non propriamente in linea con l'educazione alimentare. Entrambi morti da giovani

16/01/2023 di Enzo Boldi

Ci sono due grandi trend che accomunano queste due storie. Il primo riguarda l’estremizzazione del cibo (ma, soprattutto, nell’atto del “mangiare”) da condividere sulle varie piattaforme con i propri follower; il secondo riguarda i facili sillogismi che si fanno quando questi stessi personaggi – purtroppo – muoiono. Nei giorni scorsi, infatti, è diventata virale la notizia della morte di Waffler69 (all’anagrafe Taylor LeJeune), noto tiktoker di successo grazie alle sue “sfide mangerecce” – in molti casi eccessive – condite con prodotti scaduti da anni o non edibili. Una vicenda che, soprattutto per la narrazione postuma, ricorda quella di un italiano: Omar Palermo, meglio conosciuto (nel web) come YouTubo Anche Io.

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Sfide. Perché questo è uno dei princìpi che spinge moltissime persone – che puntano tutto sulle condivisioni social – a estremizzare qualsiasi possibile moda del momento. E da anni, una grande porzione delle principali piattaforme (da Instagram a TikTok) ha visto i propri spazi riempiti proprio da contenuti relativi al cibo. Anche con risvolti estremi. E il caso di Waffler69, morto lo scorso 11 gennaio, ha riportato alla mente un altro personaggio molto noto e amato in Internet come YouTubo Anche Io. Un uomo, morto a 42 anni, diventato celeberrimo nel web per quei suoi video – la sua piattaforma, a differenza di LeJeune  non era TikTok, ma YouTube – in cui mangiava tanto, tantissimo. Troppo. Una dinamica che unisce, eppure da lontano, i due personaggi. Da una parte Waffler69 che aveva portato il concetto estremo di “sfida” mangiando addirittura prodotti scaduti da anni; dall’altra l’italiano Omar Palermo che si rendeva protagonista di filmati “iconici” come quello dei 40 “Kinder Fetta al Latte“.

I due offrivano alla propria platea social due tipologie di contenuti differenti, ma sempre basate sul cibo mangiato in modo estremo. Tra ingredienti di “dubbio gusto” e quantità non consigliabili al pubblico.

YouTubo Anche Io e Waffler69, le narrazioni in comune

In comune, oltre alla tipologia di esposizione sui social, c’è anche il fattore delle narrazioni (social e non solo) sulle rispettive morti. Perché, senza alcuna conferma ufficiale (anzi, nonostante una versione fornita dal fratello) Waffler69 è morto per un infarto cardiaco che potrebbe avere un’origine non legata direttamente al cibo (e quindi alle sue “sfide” sui social). In famiglia, infatti, c’erano stati altri episodi di arresto cardiaco. Quindi, il decesso potrebbe (perché anche questa è solo un’ipotesi) esser stato provocato da una causa congenita.

Narrazione simile a quella che ha accompagnato la notizia della morte di YouTubo Anche Io. In tanti – compresi organi di stampa – hanno immediatamente ricollegato il decesso di Omar Palermo al suo “stile di vita” e alimentazione sui social. La realtà, invece, era altra. Come spiegammo nell’agosto del 2021, lo Youtuber era da mesi ricoverato in ospedale dopo esser stato protagonista di una rovinosa caduta. Poi, con il passare del tempo – nonostante l’intervento dei medici – le sue condizioni di salute sono peggiorate, fino alla sua morte.

Un modello diseducativo?

Altro elemento in comune tra i due decessi è quello del modello diseducativo: mostrare l’utilizzo e l’ingerimento di quel tipo di cibo (sia per quantità che per qualità) a un pubblico che conta milioni di persone, non rischia di offrire – soprattutto ai più giovani – un esempio del tutto sbagliato. Perché, ovviamente, contenuti di questo tipo vanno al di là dell’educazione alimentare e, spesso e volentieri, tutto ciò può finire sotto agli occhi dei più giovani (bambini e adolescenti). Ma anche di persone con disturbi alimentari. Nonostante le policies delle varie piattaforme. Sta di fatto che analogie si possono trovare anche al di fuori dei social. Nel recente passato, infatti, alcune emittenti – che trasmettono anche in Italia – hanno trasmesso format relativi alle sfide mangerecce estreme (l’esempio più emblematico è quello di Adam Richman e “Man vs. Food”), rischiando di non far capire al pubblico come quel che veniva mostrato fosse non educativo.

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