L’ultimo Festival di Vincenzo Mollica, l’omaggio della sala stampa di Sanremo | VIDEO

08/02/2020 di Redazione

Sanermo è Sanremo, ma da domani lo sarà un po’ di meno. Vincenzo Mollica, storico caporedattore della redazione Cultura e Spettacolo del Tg1, andrà in pensione a partire dall’ultimo giorno di febbraio 2020. La sua presenza all’Ariston da inviato, quest’anno, sarà l’ultima di una lunga e luminosa carriera. Per questo motivo, nella sala stampa di Sanremo 2020, dopo l’omaggio raccolto proprio all’Ariston con Fiorello e Amadeus che lo hanno premiato per i suoi decenni di fedeltà alla Rai e per il servizio svolto in questi anni (anni conditi da interviste e recensioni à la Mollica, con il marchio di fabbrica della bontà), Vincenzo Mollica ha avuto un momento di confronto con i colleghi, che lo hanno applaudito e hanno fatto una vera e propria standing ovation.

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Vincenzo Mollica in pensione, il saluto alla sala stampa di Sanremo 202o

Presentato dalla direttrice dell’Ufficio Stampa della Rai Claudio Mazzola, Mollica ha raggiunto il tavolo delle conferenze, ha parlato della sua imminente pensione e delle sue condizioni di salute, con la vista che gli si è abbassata tantissimo nell’ultimo periodo.

Il ‘presidente’, come viene affettuosamente chiamato dai suoi colleghi, ha debuttato così: «Come dice Rosario Fiorello mi sono amminchionuto (espressione dialettale siciliana, ndr). Con quel poco di vista che mi è rimasta, ovvero un cazzo (risate della sala stampa, ndr), posso dirvi che questa sera mi sono molto emozionato. Me la cavo discrtamente, in ogni caso, e mi tolgo dai coglioni perché il 29 febbraio me ne vado in pensione».

Il discorso di addio ai colleghi di Vincenzo Mollica

Poi, ha parlato con la consueta ironia dei suoi problemi di salute: «Ho due compagni di viaggio: uno si chiama glaucoma che rompe davvero le scatole e poi mr. Parkinson che mi rende come una vecchia canzone di Adriano Celentano, parte lentissima e poi mi rende tutto rock molto hard. Sul rock hard sono cazzi. Detto questo, voglio dirvi che non ho proclami da fare. Fare il cronista è stato il mio mestiere e il Tg1 è stato la mia casa. Vi ringrazio per avermi accolto. Omerico non sono e non fui mai per poesia, ma per mancanza di voi. Poi, posso dire che mi fido ciecamente (in maniera letterale)».

Infine ha chiuso il suo intervento con una massima di Federico Fellini: «Vincenzo, non sbagliare mai il tempo di un addio o di un vaffanculo. Perché altrimenti ti si può sempre ritorcere contro». Applausi a scena aperta per un grande collega che ha fatto scuola con i suoi modi gentili di fare giornalismo. Al coro ritmato Vin-cen-zo Vin-cen-zo ci uniamo idealmente tutti noi.

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