Il Vaticano “apre” ai preti sposati: la rivoluzione parte dal Sud America

Un cambio che a che fare con le fondamenta della dottrina cattolica e che probabilmente farà storcere il naso a molti tradizionalisti. La chiesa cattolica potrebbe consentire anche agli uomini “sposati” di accedere al sacerdozio, ma non ovunque. La deroga è limitata alle zone remote dell’Amazzonia dove la scarsità di sacerdoti è endemica e dove la Chiesa guarda sempre con maggiore interesse per la sua missione “pastorale”.

La possibilità che anche i laici sposati possano diventare sacerdoti, in condizioni particolari, viene messa nero su bianco nelle 59 pagine che compongono l'”Instrumentum Laboris“, il documento di lavoro sul quale si incentrerà il Sinodo sull’Amazzonia, in programma dal 6 al 27 ottobre in Vaticano.

Dalle ruolo della donna ai preti non celibi: se l’Amazzonia diventasse un laboratorio?

«Affermando che il celibato e’ un dono per la Chiesa – si legge nel testo -, si chiede che, per le zone più remote della regione, si studi la possibilità di ordinazione sacerdotale di anziani, preferibilmente indigeni, rispettati e accettati dalla loro comunità, sebbene possano avere già una famiglia costituita e stabile». Una necessita’, viene spiegato, per far fronte alla “mancanza di sacerdoti” nelle zone piu’ remote della regione dove «le comunità hanno difficoltà a celebrare frequentemente l’Eucaristia».

Ma le novità non finiscono qui. Nello stesso documento viene ridiscusso anche il ruolo della donna con un invito a  «garantire alle donne la loro leadership, nonché spazi sempre più ampi e rilevanti nel campo della formazione: teologia, catechesi, liturgia e scuole di fede e di politica».

La scarsità delle vocazioni del resto, ha aperto il dibattito da anni in seno alla Chiesa Cattolica anche se il Papa, in passato, ha sempre chiuso alla possibilità di aprire al sacerdozio per gli uomini sposati all’interno della comunità cattolica, ribadendo il valore dottrinale del celibato.

L’eccezione “amazzone” viene vista da molti osservatori come uno sforzo vero il pensare “local” e l’avvicinare la dottrina alle esigenze delle comunità indigene, anche se è difficile non vedere in questa deroga il segnale di un cambiamento che potrebbe, in futuro, interessare anche questa parte d’Occidente.

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