Ultima Generazione: «La nostra battaglia è sul fossile, il resto (anche l’inquinamento digitale) fa parte delle richieste collaterali»

Maria Letizia Ruello, attivista di Ultima Generazione e senior researcher dell'Università delle Marche, ammette che il tema dell'inquinamento digitale non è in cima alla lista delle priorità

02/02/2023 di Gianmichele Laino

Raggiunta telefonicamente, Maria Letizia Ruello – attivista di Ultima Generazione e senior researcher dell’Università delle Marche – ci tiene subito a mettere in chiaro le cose: «Noi ci concentriamo su richieste molto precise al governo italiano – ci dice -, così come tutte le organizzazioni che fanno parte della rete internazionale A22. Abbiamo bisogno di comunicare in modo molto chiaro un’emergenza e qualcosa di concreto che i governi, invece, non stanno facendo spesso anche disattendendo impegni presi con i loro cittadini e, a volte, con l’Unione Europea. In particolare, la nostra richiesta è quella di non finanziare le energie fossili, interrompendo ogni flusso di denaro dalle nostre tasche alle compagnie del fossile che su questo si arricchiscono a doppio danno nostro». E allora – ci viene spontaneo chiederci – come si può declinare, nel movimento ambientalista che maggiormente ha fatto sentire la sua voce in Italia nell’anno appena trascorso, il tema dell’inquinamento digitale che pure, in base a quello che osserviamo quotidianamente con l’attività editoriale di Giornalettismo, rappresenta un problema serio e – potenzialmente – irreversibile?

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Ultima Generazione e il tema dell’inquinamento digitale

«Può essere declinato in due occasioni – ci spiega la dottoressa Ruello -: nella formazione interna che facciamo rispetto alle persone che aderiscono, nei confronti delle quali c’è tanta cura sia per il loro benessere, sia per la loro crescita personale e culturale a grandi livelli. Le persone sono sensibili alle tematiche ambientali a tutto campo. L’altra occasione è rappresentata dalle richieste collaterali: la richiesta principale è quella di smettere di finanziare con soldi pubblici il fossile e, nel momento in cui si liberano queste risorse, si apre un mondo. Stiamo parlando di cifre inimmaginabili, di 41,8 miliardi nell’ultimo biennio: quindi con questi soldi si potrebbe fare di tutto per l’ambiente».

Vero. Tuttavia, è opportuno fare una considerazione che nulla vuole sottrarre alla portata epocale della battaglia sul fossile (sulla quale si gioca molto della nostra sopravvivenza). Ci sono degli studi che certificano come le cosiddette aziende FAANG (Facebook, Apple, Amazon, Netflix e Google) consumino CO2 più di un Paese come la Repubblica Ceca (una piattaforma come quella di The Shift Project ha messo a disposizione un sistema per capire quanta CO2 viene emessa per ogni azione digitale che compiamo, sia essa un tweet, l’invio di una mail o un post su Instagram): non soltanto sull’energia che viene fuori dai data-center, che – per funzionare – hanno bisogno intuitivamente di grandi sforzi da questo punto di vista; ma anche quella che gli utenti impiegano per svolgere le loro attività digitali quotidiane. E – in un mondo in cui il digitale sta diventando sempre più pervasivo – ecco che il problema non può che essere amplificato, anche nel futuro.

«Concordo con lei – ci dice la dottoressa Ruello – che il tema dell’inquinamento digitale sia sottostimato e che sia in fondo alla lista delle consapevolezze individuali. Tuttavia ho ben presente come l’immagine della nuvola sia devastante: ci induce a dematerializzare e non ci fa percepire quanti cavi elettrici, quanti sistemi refrigeranti e quanti sistemi servano per mantenere quella informazione. Chi ha studiato l’abc della fisica e conosce il principio dell’entropia sa bene che per mantenere una informazione e contrastare il caos si consuma energia».

Il focus di Ultima Generazione resta sempre concentrato sul combattere le energie fossili, ma dall’interno ci assicurano che la varietà nella composizione del movimento – sia per età, per genere, per interessi – è tale da garantire un impegno comune e un fronte compatto. Sperando che, giorno dopo giorno, possa essere un amplificatore anche per le tematiche – che ci sembrano davvero urgenti – dell’inquinamento digitale. Un secchio di vernice, insomma, anche sui data-center in giro per l’Europa. 

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