È colpa di TuneCore (e Believe) o degli “artisti furbetti”?
Andando a scandagliare nei "Termini e condizioni" pubblicati sul sito dell'etichetta, lo scenario sembra essere differente. Forse
08/11/2024 di Enzo Boldi
Le accuse di Universal Music Group, ABKCO Music & Records e Concord Music Group sono esplicitamente dirette alle etichette musicali francesi Believe e TuneCore (sussidiaria della prima che opera anche negli Stati Uniti): hanno tratto profitto, attraverso le royalties, da brani “modificati” di cui non detenevano i diritti. Un addebito molto grave, anche perché si fa riferimento alle librerie musicali concesse – in licenza d’uso – a piattaforme come TikTok, Instagram, YouTube e servizi di streaming come Apple Music e Spotify. Ma è giusto puntare il dito solamente su queste due aziende?
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Andando a scandagliare all’interno dei “termini e condizioni” di utilizzo di TuneCore, infatti, emerge un dettaglio molto importante che fa parte dei punti-chiave della sottoscrizione dei contratti tra l’etichetta musicale – che ha il proprio core business rappresentato da una piattaforma globale DIY (dunque per l’auto-pubblicazione) per gli artisti emergenti – e chi decide di rivolgersi ai loro servizi per ampliare la portata delle proprie canzoni. Ma di cosa stiamo parlando?
TuneCore e diritto d’autore, cosa dicono i termini d’utilizzo
Scorrendo lungo la pagina dedicata ai termini e le condizioni d’uso della piattaforma – che offre uno “sfogo” nelle librerie dei principali social network e servizi di streaming -, l’occhio cade sulla sezione dedicata agli indennizzi. Ed è proprio qui che si parla di eventuali violazioni del diritto d’autore e delle responsabilità. Nello specifico si legge:
«Accetti di manlevare e tenere indenne il Distributore e la sua società madre, le sue sussidiarie, affiliate o qualsiasi società correlata (incluse quelle che condividono sostanzialmente una proprietà comune) e i funzionari, direttori, dipendenti, agenti e rappresentanti di una qualsiasi di esse da qualsiasi reclamo, perdita, obbligo, danno, responsabilità, costi, debiti e spese (incluse le parcelle degli avvocati) derivanti da (a) il tuo utilizzo o uso improprio dei Siti del Distributore; (b) la tua violazione di questi Termini; (c) la tua violazione dei diritti di qualsiasi altra persona o entità, inclusi i reclami che uno qualsiasi dei tuoi Contenuti utente infranga o violi i diritti di proprietà intellettuale di terze parti; (d) la tua violazione delle precedenti dichiarazioni, garanzie e patti e (e) qualsiasi utilizzo non autorizzato del tuo account non causato dal Distributore. Il Distributore si riserva il diritto, a tue spese, di assumere la difesa e il controllo esclusivi di qualsiasi questione per la quale sei tenuto a indennizzarci e accetti di collaborare con la nostra difesa di tali reclami».
Dunque, quando si cause che prevedono indennizzi da parte dell’utilizzatore dei servizi di TuneCore – anche gli aspetti relativi alle controversie sulle violazioni della proprietà intellettuale -, nei termini e condizioni di utilizzo (accettato da chi ha sottoscritto un contratto) si fa riferimento alle responsabilità dirette ed esclusive di chi ha violato il copiryght, manlevando da ogni responsabilità l’etichetta e la sua sussidiaria. Un riferimento molto spinoso, visto che dalle royalties dei brani traggono profitto non solo gli artisti “furbetti” (quelli che si appropriano di contenuti musicali non propri, li modificano e li pubblicano sulla piattaforma per farli sbarcare nelle librerie social e dei servizi di streaming), ma anche l’azienda stessa.