Il TTIP, obiettivi e mezzi del trattato più discusso d’Europa
01/11/2014 di Andrea Mollica
Tra pochi mesi l’Unione Europea e gli Stati Uniti potrebbero costituire la più grande area di libero scambio del mondo, capace di generare circa la metà del Pil mondiale. Questo è l’obiettivo del TTIP, il trattato transatlantico sul commercio e gli investimenti, a cui il presidente del Consiglio Matteo Renzi ha assicurato appoggio totale e incondizionato da parte dell’Italia. La Commissione UE e l’Amministrazione Usa hanno iniziato un ciclo di negoziati caratterizzato da diversi dissensi sui meccanismi di armonizzazione da trovare per fissare regole comuni su investimenti e standard, mentre in queste ultime settimane si è rafforzata a livello continentale la protesta contro il TTIP.
IL TTIP: COSA È – Gli Stati Uniti e l’Unione Europea hanno iniziato nel luglio del 2013 le trattative per siglare l’accordo di istituzione dell’area di libero scambio più grande del mondo. Questa proposta è stata lanciata dal presidente degli Stati Uniti Barack Obama durante il discorso sullo stato dell’Unione dell’anno scorso, ed è stata subito raccolta dalla Commissione europea. Il TTIP, Transatlantic Trade and Investment Partnership, l’accordo di partenariato transatlantico per il commercio e gli investimenti, si pone l’obiettivo di rimuovere le barriere commerciali in numerosi settori economici per facilitare l’acquisto e la vendita di beni e servizi tra Europa e Stati Uniti, di facilitare gli investimenti così come gli appalti tra le due economie più grandi del mondo. Il rilancio della liberalizzazione dei mercati dovrebbe stimolare la crescita grazie al rafforzamento dell’interscambio commerciale . Gli Stati Uniti e l’Unione Europea valgono circa il 45% del Pil globale secondo le stime fornite dal Fondo monetario internazionale nel 2013, il 33% dell’interscambio mondiale nel settore delle merci e il 42% in quello dei servizi. Il primo obiettivo del TTIP è la cancellazione dei dazi doganali che ancora separano Usa e UE. La rimozione delle tariffe a cui sono sottoposte le merci che entrano in mercati stranieri è il caposaldo di ogni accordo di libero scambio, ma l’orizzonte del TTIP è ben più ambizioso visto che il livello dei dazi doganali tra Usa e Ue è molto basso. Le tariffe a cui sono sottoposte le merci sono comprese tra una media del 5,2% per l’UE e il 3,4% per gli Usa. In singoli mercati ci sono però costi ancora elevati: l’industria automobilistica paga più di un miliardo di dollari di dazi per esportare i propri prodotti nel mercato americano. L’armonizzazione di standard qualitativi e normativi per la libera circolazione di merci e servizi è lo scopo principale, ma anche più controverso e di più difficile realizzazione, del TTIP.
IL TTTIP: OBIETTIVI E STRUMENTI – L’articolo numero 7 delle direttive di negoziato approvate dal Consiglio dell’Unione Europea, l’organismo che riunisce i governi dei 28 Paesi membri dell’UE, ribadisce come si voglia realizzare il potenziale inutilizzato di un mercato veramente transatlantico, mediante un maggiore accesso al mercato, una migliore compatibilità normativa e ponendo le basi per norme globali. Il cuore del TIPP è un’armonizzazione del quadro normativo e regolamentare che integri le due maggiori economie del mondo. Il partenariato transatlantico punta alla rimozione delle barriere non tariffarie, definendo standard di sicurezza e sanitari comuni, regolamenti per la tutela della proprietà intellettuale, maggiore apertura agli investimenti esteri e facilitazioni reciproche per la partecipazione ad appalti pubblici. I settori interessati dall’armonizzazione normativa del TTIP sono numerosi. Ci sono i servizi finanziari, con disposizioni sulla liberalizzazione totale dei pagamenti correnti e dei movimenti di capitali, e regole che disciplino il commercio specifiche per le piccole e medie imprese. Per quanto riguarda le merci le armonizzazioni normative in stato di negoziato riguardano i prodotti agricoli, tessili, chimici, automobilistici, elettronici, macchinari industriali, cosmetici e medicali. All’interno del trattato dovrebbero essere inserite anche standard internazionali in materia di materie prime e energetiche, così come disposizioni comuni in ambito di appalti pubblici e tutela della proprietà intellettuale. Su esplicita richiesta della Francia, che ha voluto tutelare la sua industria culturale disciplinata e sussidiata in modo pervasivo dallo Stato, sono stati esclusi dall’accordo con gli Stati Uniti i materiali audiovisivi. Uno dei punti più delicati è la protezione degli investimenti, con l’ inclusione della clausola ISDS – Investor-State Dispute Settlement.
IL TTIP: SOVRANITÀ E TRASPARENZA – La clausola ISDS prevede la possibilità per gli investitori di ricorrere a collegi arbitrali terzi in caso di violazione, da parte dello Stato destinatario dell’investimento estero, delle norme di diritto internazionale in materia di investimenti). La Commissione, vista la sensibilità del tema, ha promosso una consultazione pubblica, che si è esaurita in 90 giorni. La Germania è stata particolarmente vigorosa nel contestare questa clausola. Il meccanismo di protezione degli investitori stranieri è particolarmente contestato da associazioni a difesa dei consumatori e dalle organizzazioni non governative, che sostengono che una tale clausola rischierebbe di limitare eccessivamente il potere regolamentare degli Stati e non costituirebbe una garanzia di imparzialità, vista la natura privatistica dei collegi arbitrali. La clausola ISDS è uno dei punti più controversi del TTIP, insieme alla scarsa trasparenza con cui sarebbero condotti i negoziati. Per rispondere a questa critica il 9 ottobre del 2014 la Commissione UE ha pubblicatole direttive approvate dal Consiglio dell’Unione Europea che dovranno essere rispettate nelle trattative sul TIPP. Il responsabile per l’UE del negoziato con gli Usa è la DG Commercio, al momento diretta dal belga Karel De Gucht, che sarà sostituito da Cecilia Mallström quando entrerà in carica la nuova Commissione Juncker. L’iniziativa della Commissione non ha soddisfatto i critici sulla scarsa trasparenza delle trattative, che aumenta le paure più o meno veritiere legate all’arrivo sui mercati europei di prodotti quali Ogm, polli al cloro o leggi nazionali non rispettate per colpa della clausola di protezione degli investimenti. I negoziati del TTIP sono sicuramente condotti all’oscuro della pubblicità come sempre capita nelle trattative commerciali tra Stati, ma questa critica dimentica un punto fondamentale. Il partenariato transatlantico è un trattato internazionale, e come tale dovrà essere ratificato dalle assemblee legislative elette dal popolo. Il Congresso degli Stati Uniti da una parte, e il Parlamento europeo dall’altra. Le trattative tra UE e USA si concentrano sull’individuazione di meccanismi regolamentari che non supereranno le leggi attualmente che disciplinano i due mercati, ma che accomuneranno gli standard per la loro implementazione.
IL TTIP: PRO E CONTRO – Il TTIP è un progetto che suscita ritrosie nei Paesi europei mentre è particolarmente spinto dagli Stati Uniti, che hanno avviato una simile iniziativa anche per creare un’area di libero scambio con i Paesi asiatici. Il valore politico del partenariato transatlantico è evidente, visto che legherebbe in modo ancora più forte l’Occidente, anche se l’enfasi sulla NATO economica appare eccessiva. L’armonizzazione dei regolamenti e degli standard dei mercati di Usa e UE favorirebbe anche l’export dei Paesi stranieri, come la Cina, e potrebbe rilanciare il processo di liberalizzazione del commercio entrato in stallo dopo il fallimento del Doha Round. L’istituto economico Centre for Economic Policy Research di Londra ha stimato come grazie alla caduta dei dazi e sopratutto delle barriere non tariffarie il Pil europeo potrebbe crescere tra mezzo punto e un punto percentuale in più, ovvero circa 119 miliardi di euro. Le esportazioni crescerebbero del 28%, per un interscambio maggiore di beni e servizi dagli Stati membri dell’UE agli Usa pari a 187 miliardi di euro. I benefici sarebbero significativi anche per le altre economie mondiali, visto che le loro merci potrebbero essere scambiate con standard e regole comuni all’interno dei due più grandi mercati del pianeta. L’armonizzazione degli standard in alcuni settori sensibili, sopratutto quello alimentare, così come la clausola di protezione degli investimenti hanno però suscitato reazioni che hanno rallentato i negoziati. Secondo diversi fonti i negoziati avrebbero portato a trovare un accordo su metà dei temi oggetto di trattative tra Unione Europea e Usa. L’intesa finale non sarà quasi sicuramente raggiunta entro la fine del 2014, come era nelle aspettative iniziali. Il Governo italiano sperava di poter concludere le trattative entro la fine del semestre di presidenza del Consiglio dell’UE, e per arrivare ad un’intesa entro la fine del 2014 il viceministro allo Sviluppo economico Carlo Calenda ha lanciato l’idea di un TTIP light. Una formula che permetterebbe di avviare l’area di libero scambio nei settori dove c’è consenso, escludendo invece i punti come i beni alimentari o la protezione degli investimenti che hanno evidenziato le maggiori distanze durante le trattative. Punti che suscitano le prime significative forme di opposizione anche nel nostro paese, con i M5S che hanno denunciato l’arrivo dell’apocalisse alimentare con la costituzione di un’area di libero scambio con gli Stati Uniti. Il presidente del Consiglio Matteo Renzi si è schierato in favore del TTIP come nessun altro importante leader europeo, ma le posizioni italiane, particolarmente apprezzate dagli Usa, non sembrano poter accelerare l’avvio di un progetto che genera diverse ostilità nelle maggiori cancellerie continentali.