Una decisione che, a cascata, potrebbe portare a nuove scelte analoghe da parte degli Stati membri. La notizia del provvedimento preso dalla Commissione UE di rendere TikTok vietato per i dipendenti dell’Unione Europea ha provocato inevitabili reazioni. Una mossa che ricalca quella già fatta dagli Stati Uniti che, nelle scorse ore, hanno iniziato il conto alla rovescia: entro 30 giorni, sui dispositivi federali e governativi (ovvero quelli registrati come telefoni “aziendali”), l’app del famoso social network dovrà essere disinstallata. E così, nelle scorse ore, anche il Canada ha deciso di seguire la linea a stelle e strisce.
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Dunque, le decisioni stanno seguendo tutte lo stesso canovaccio. E anche la Commissione UE, parlando di princìpi legati alla cyber security, nei giorni scorsi ha dato il via libera a questo provvedimento: «Per aumentare la sua sicurezza informatica, il consiglio di amministrazione aziendale della Commissione ha deciso di sospendere l’uso dell’applicazione TikTok sui propri dispositivi aziendali e sui dispositivi personali iscritti al servizio di dispositivi mobili della Commissione. Questa misura mira a proteggere la Commissione dalle minacce e dalle azioni di cibersicurezza che possono essere sfruttate per attacchi informatici contro l’ambiente aziendale della Commissione».
Un TikTok vietato che, dunque, tira l’altro. E l’azienda che gestisce la piattaforma social amata dalla Gen Z ha parlato attraverso le parole di un portavoce per descrivere la reazione ufficiale del marchio: «Riteniamo che questa sospensione sia sbagliata e basata su pregiudizi. Siamo sorpresi che la Commissione non ci abbia contattato direttamente e non ci abbia fornito alcuna spiegazione. Abbiamo chiesto un incontro per chiarire come proteggiamo i dati delle 125 milioni di persone che sono su TikTok ogni mese in tutta l’Unione Europea. Stiamo continuando a migliorare il nostro approccio alla sicurezza dei dati, anche attraverso la creazione di tre data center in Europa per conservare i dati degli utenti a livello locale, riducendo ulteriormente l’accesso ai dati da parte dei dipendenti e minimizzando il flusso di dati al di fuori dell’Europa».
Il tema è strettamente legato alla Cina. Diversi Paesi, nel corso degli anni, hanno additato l’applicazione di social networking come un’app legata a Pechino e, dunque, hanno sollevato una questione di sicurezza per quel che riguarda il trasferimento e la gestione dei dati personali degli utenti. Giacomo Lev Mannheimer, Responsabile Relazioni Istituzionali di TikTok per il Sud Europa, ha spiegato ad Ansa Bruxelles come tutto ciò – comprese le reazioni che hanno portato alla messa al bando – sia frutto di un pregiudizio: «Siamo una piattaforma globale, TikTok non è presente in Cina, i nostri dati non sono in Cina, il management non è in Cina. Gli investitori non sono cinesi e abbiamo sempre dichiarato pubblicamente che il Governo cinese non ci ha mai chiesto acceso ai dati e se lo facesse non glielo accorderemmo». E per quel che riguarda la gestione dei dati degli utenti europei: «I loro dati sono in un data center negli Stati Uniti e un data center di backup a Singapore. Non sono conservati né in Cina, né altrove. Entro la fine dell’anno anno abbiamo annunciato l’apertura di tre data center in Europa».