La risposta sulle terapie intensive in Svezia e sulle scelte dei pazienti da mandarvi

14/04/2020 di Redazione

«Nella civilissima e democraticissima Svezia, dove tutti pagano le tasse, chi ha più di 80 anni rimane fuori dalla terapia intensiva e muore – scriveva Roberto Burioni citando un tweet di Pierluigi Lopalco, che aveva fotografato la situazione in Svezia, Paese dove ha lavorato per anni -. Lo stesso chi ne ha più di 60 e ha problemi in due apparati, il che non è rarissimo. L’erba del vicino non è sempre più verde». Una situazione di questo genere potrebbe far pensare a una sorta di sistema selettivo per le cure. Ma a definire il problema sotto un altro punto di vista è la dottoressa Martina D’Orazio, da Stoccolma, in un video girato per Insieme in Rete, nell’ambito del progetto Insieme nel mondo, la rete che mette in connessione gli italiani all’estero in questo periodo di coronavirus.

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Svezia e terapie intensive, la risposta da Stoccolma

«Vi invito a digitare su internet il termine SIR – dice la dottoressa D’Orazio -, che è il portale del registro delle terapie intensive in Svezia. Nella sezione dedicata al Covid-19 si legge che il gruppo più numeroso dei pazienti in terapia intensiva ha tra i 60 e i 69 anni, con 350 casi di ricovero. Inoltre, ci sono stati 35 casi di ricovero superiore agli 80 anni. Nel 75% dei casi, i pazienti ricoverati presentano qualche fattore di rischio, come patologie pregresse».

Pertanto, sottolinea la D’Orazio, è possibile che il tweet si riferisca a un altro documento, che parla dei trattamenti delle terapie intensive in circostanze straordinarie. «Un documento – si specifica nel video – che non fa riferimento all’età dei pazienti a cui dare la priorità e che ogni ospedale deve integrare con le proprie linee direttive. Compreso l’ospedale di Stoccolma che da solo sta curando circa la metà dei pazienti Covid-19 nel Paese».

Come avviene in altri Paesi (in Italia, si può citare il documento della Siaarti), infatti, ci sono delle situazioni particolari che impongono, in situazioni di emergenza, di effettuare delle scelte per evitare le saturazioni dei reparti. Ma si parla sempre di scelte che contemplano cure alternative alla terapia intensiva.

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