Stupro al Factory, la proprietaria si sfoga: «La nostra attività distrutta per questa ed altre stupidaggini»
19/07/2019 di Gaia Mellone
È stato fermato un ragazzo rumeno 25enne, presunto autore dello stupro della ragazza etiope 21enne avvenuto il 19 maggio scorso nel locale romano “Factory“. Le prove raccolte sembrerebbero schiaccianti ma lui rifiuta le accuse. Di fronte agli inquirenti il giovane ha dichiarato che «Non c’entro nulla con questa storia, non sono stato io». Il ragazzo, che in passato aveva lavorato presso il Factory e conosceva bene l’accesso al magazzino dove si è consumata la violenza. La sua difesa però contrasta con i «gravi e puntuali indizi di reita» accertati dalla Procura di Roma. Intanto la proprietaria del locale si è sfogata con la redazione dell’agenzia AdKronos, raccontando che la storia dello stupro ha «distrutto» l’attività familiare.
Stupro al Factory, la proprietaria si sfoga: «La nostra attività distrutta per questa ed altre stupidaggini»
«Una attività famigliare costruita con i ‘buffi’ e che per questa e altre stupidaggini che possono succedere in una discoteca, è distrutta». Lo stato alterato e disperato della titolare del Factory Club di Roma, Elisabetta, emerge chiaramente dalle frasi rilasciate all’Adnkronos a commento del fermo di uno dei presunti autori dello stupro di una ragazza 21enne lo scorso 19 maggio. Le stupidaggini, è chiaro, non sono certo lo stupro, ma episodi “usuali” per chi gestisce una discoteca: «due che si danno un cazzotto e per i quali noi abbiamo chiamato le forze dell’ordine» e ancora, «uno che abbiamo portato fuori e come un pazzo si è messo a rompere i finestrini delle auto parcheggiate fuori», infine «una ragazza colpita al volto con un tappo schizzato da una bottiglia e ferita leggermente senza nemmeno bisogno di mettere i punti». In queste e diverse occasioni, continua a raccontare la titolare, lei e i fratelli, che hanno preso in gestione il locale aperto dal padre, cercano di aiutare i ragazzi, e lei stessa dice di aver assistito spesso le ragazze mentre vomitavano per aver bevuto troppo e di aver anche accompagnato spesso a casa dei ragazzi incapaci di guidare. Tutti questi incidenti, uniti all’avvenuto stupro nel locale di pertinenza, hanno portato alla revoca della licenza, ottenuta nel «1968, presa da mio padre con il chioschetto trasformato in anni di sacrifici, con investimenti continui».
«Noi ci mettiamo sempre la faccia, in prima persona – ha aggiunto Elisabetta – siamo stati noi che abbiamo chiamato le forze dell’ordine, ho assistito personalmente la ragazza». Raccontando come si sono svolti gli eventi in quella terribile notte, la proprietaria nega che sia vero, come è stato scritto in alcuni giornali, «che non abbiamo dato l’allarme, che non abbiamo collaborato: tutto questo ha portato a questa situazione». «Sono contenta per la ragazza e per gli inquirenti che hanno portato avanti le indagini, ma se devo vedere la cosa dalla mia ottica mi hanno distrutto» continua, annunciando che ha intenzione di rivolgersi al Tar per presentare ricorso contro la revoca della licenza, giunta dopo una sospensione di un mese e mezzo in cui «siamo stato completamente chiusi, praticamente falliti».«È una situazione che ho vissuto in maniera drammatica. Noi non dormiamo più, non viviamo più, io sto andando dallo psichiatra – continua piangendo – come posso stare? Ho una famiglia con quattro figli, cosa gli racconto? Nel contesto generale chi ha avuto la colpa di tutto e chi ha pagato dall’inizio?».
(Credits immagine di copertina: Facebook Factory Club Roma)