De Vrij o non De Vrij: dilemma assurdo

Diciamo la verità: soltanto in Italia siamo capaci di trascorrere giorni e giorni interi su un argomento inutile. È la settimana di Lazio-Inter, partita decisiva per la Champions e anche per la cassaforte più o meno piena dei rispettivi club. E allora l’argomento coinvolge soltanto, esclusivamente, Stefan De Vrij. Agganciato al volo a parametro zero dall’Inter già lo scorso inverno, quando i negoziati di prolungamento con la Lazio erano un continuo rinvio e le motivazioni erano chiarissime, di sicuro un colpo di spessore per il nuovo corso nerazzurro. E ora il dilemma è: De Vrij deve giocare oppure no l’ultima partita, quella decisiva, l’ultima con la sua attuale maglia, una sfida autentica al futuro che già gli appartiene?

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Un dilemma assurdo. E torniamo al discorso: soltanto in Italia siamo capaci di proporre simili quesiti. In giro per l’Europa un parametro zero che ha deciso di cambiare aria viene trattato da professionista come tutti gli altri, gioca fino all’ultimo secondo, onora il contratto e avanti così. Se hai un’auto in leasing e stai pagando, pur sapendo di volerla cambiare nel giro di poche settimane, cosa fai, la lasci in parcheggio perché hai deciso di prenderne un’altra? Sarebbe un clamoroso autogol, all’incrocio dei pali.

Stefan De Vrij
Foto ANSA/ALESSANDRO DI MARCO

Quelli che fanno dietrologia e che non vogliono rassegnarsi battono sul seguente tasto: ma se De Vrij fosse il migliore in campo, come potrebbe presentarsi il giorno dopo o la settimana dopo ad Appiano Gentile? Verrebbe considerato un traditore, dicono gli amici malati di dietrologia. Come un traditore? Sarebbe un non professionista, quindi peggio di un traditore, se giocasse male perché condizionato chissà da cosa. Quelli che non si arrendono, che hanno tempo da sprecare, vanno oltre con il seguente quesito: ma se De Vrij bucasse la partita perché ha “la testa immersa nell’Inter che verrà” come potrebbe giustificare l’incompiuta dinanzi ai suoi attuali compagni e tifosi? Il giorno successivo allo spareggio dell’Olimpico sarebbe un inferno, lo incolperebbero di lesa maestà.

Noi abbiamo le prove per pensarla esattamente al contrario. Ne basta una: da quando era chiaro, quasi per tutti, che De Vrij aveva firmato per l’Inter, lo stesso olandese è stato sempre impiegato – tranne in un’occasione – da Simone Inzaghi. E il rendimento è stato altissimo. Se ci fosse stata malafede oppure chissà cosa, sarebbe bastato sbagliare un paio di partite per spalancare l’autostrada Champions all’Inter, considerato l’equilibrio da punto a punto. Invece, De Vrij è stato tra i migliori, ha segnato, ha difeso alla grande, ha salvato sulla linea, si è sbattuto come se avesse prolungato a vita per il suo attuale club. Se guardassimo oltre frontiera, capiremmo che ciò che per gli altri è una regola fissa per noi diventa motivo di assurdi e stucchevoli dibattiti. Quando cresceremo?

Riepilogo: lasciamo la palla a Simone Inzaghi, nessuno più di lui ha il polso della situazione. Allenamento dopo allenamento, minuto dopo minuto, spremute psicologiche una dietro l’altra. Se non lo vedrà sereno, ci può stare, lo escluderà dai titolari. Ma impieghiamo il nostro tempo diversamente: ci sono altri dilemmi, molto più urgenti di De Vrij, che stanno ferendo a morte il calcio italiano. Sveglia.

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