Starbucks sta bloccando gli account Twitter di chi chiede un sindacato per i suoi lavoratori

Molti dipendenti ed ex dipendenti hanno visto il proprio profilo bloccato dopo aver fatto il riferimento all'unione sindacale

19/04/2022 di Enzo Boldi

Se non vuoi essere bloccato, non usare il termine “sindacato”. Quel che sta accadendo (da settimane) attorno all’account Twitter di Starbucks è una storia che, con contorni differenti, abbiamo già visto: chi protesta per le condizioni dei lavoratori (che sia un dipendente, un ex dipendente o un cittadino comune) rischia il blocco social da parte della famosa azienda di caffè statunitense. In tanti, infatti, si sono visti impossibilitati nel leggere, commentare e condividere i post social pubblicati dalla società. Il tutto per aver sostenuto o aver fatto riferimento all’unione sindacale dei lavoratori.

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Un caso Amazon, molto simile ad Amazon, iniziato diverse settimane fa. Il primo a scoprire questo nuovo atteggiamento sociale di Starbucks – con i rapporti tra vertici, lavoratori e sindacati che sono naufragati dall’arrivo del nuovo CEO dell’azienda – Howard Schultz  -, è un ex barista di uno dei locali di Buffalo e che ha contribuito alla creazione di una delle prime unioni sindacali legate al gruppo di lavoratori dell’azienda di caffè.

Il blocco da parte dell’account ufficiale di Starbucks è arrivato dopo un tweet critico proprio nei confronti dell’azienda per la sua posizione definita anti-sindacale. Il primo di tanti. Perché nelle ultime settimane – oltre alla denuncia di quattro licenziamenti di lavoratori legati alle organizzazioni sindacali, come spiegato da Vice – questi episodi si sono moltiplicati.

Starbucks blocca su Twitter chi parla di sindacato

Lavoratori, ex dipendenti e attivisti per il sindacato. Qualsiasi riferimento a temi legati al lavoro presso i centri di Starbucks (che siano quelli di “fabbrica” o i punti commerciali fisici) ha portato a un blocco e, dunque, all’impossibilità di leggere tweet e interagire con risposte e condivisioni di post pubblicati dall’azienda di Seattle. E il caso più clamoroso riguarda Jon Schleuss, il presidente della NewsGuild che rappresenta 26mila operatori dei media negli Stati Uniti. Il 15 aprile scorso aveva pubblicato questo.

Il tweet del profilo ufficiale di Starbucks sottolineava come quello fosse un giorno per provare qualcosa di nuovo. E Schleuss aveva replicato con un laconico: «Oggi è un buon giorno per avviare un sindacato». E da lì, nel giro di tre ore e mezza, l’amara sorpresa.

Account bloccato, impossibilità di leggere e rispondere ai tweet del profilo ufficiale dell’azienda. Solo per aver parlato di sindacato (tra le altre cose, Schleuss aveva lavorato da giovane in un negozio Starbucks in Arkansas). Poi, dopo qualche giorno e una richiesta attraverso il customer service, è arrivato lo sblocco. Ma i social media manager dell’azienda di Seattle non hanno mai risposto alla sua domanda: «Perché mi avete bloccato?».

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