Quanto costano alle squadre gli stadi di Serie A?
27/02/2015 di Maghdi Abo Abia
Quanto costa giocare a calcio in Serie A? La domanda, così posta, sottintenderebbe una risposta forse infinita. Ci sono gli stipendi dei giocatori, le spese per lo staff, i costi delle trasferte, le tasse e tante altre voci certo importanti ma non determinanti. Si perché per giocare a calcio serve innanzitutto un terreno di gioco. Ed uno stadio. O meglio, 20 stadi. E questi vanno pagati, sia che si tratti del calciotto con gli amici il mercoledì sera dopo il lavoro o di un match della massima serie calcistica.
STADI ITALIANI, LE LORO CONDIZIONI –
Sono ancora fresche le polemiche legate allo spostamento del derby di Genova tra Sampdoria e Genoa, previsto sabato 22 febbraio e cancellato per impraticabilità del campo. Nelle ore immediatamente successive emersero voci relative ad un debito di due milioni di euro vantato dal Consorzio Stadium, ente che gestisce il Ferraris per conto del Comune di Genova, e le due società. Voci smentite dai diretti interessati. Non si possono dimenticare le polemiche sullo stato dello Stadio San Paolo di Napoli, che avrebbe bisogno di una decisa rinfrescata, o quelle relative alla gestione dello stadio Giuseppe Meazza di Milano, con Milan e Inter desiderose di trovare altre soluzioni. Per finire ricordiamo il caso Parma, con la società gialloblu sull’orlo del fallimento e le difficoltà della stessa a garantire il pagamento delle bollette.
STADI, FERRERO: «UN NUOVO FERRARIS PER NOI ED IL GENOA» –
In questo giro calcistico d’Italia partiamo appunto da Genova. Massimo Ferrero, presidente doriano, intervistato da Centro Suono Sport, ha dichiarato che nei prossimi giorni ci sarà una conferenza in cui si attribuirà l’impianto a Sampdoria e Genoa che metteranno sul piatto 20 milioni di euro con l’obiettivo di fare lo “stadio più bello d’Europa”. In attesa di certezze è il caso di spiegare come Marassi abbia gravi problemi sia dal punto di vista del cablaggio wi-fi in sala stampa sia per quanto riguarda la logistica. Forse non tutti sanno che a Genova manca il terzo spogliatoio destinato alle squadre ospiti. Quindi si usano a turno quelli di Genoa e Sampdoria, con il risultato che non puo’ esserci personalizzazione, con chiari riflessi sul marketing.
STADI, IL CANONE DI 310.000 EURO DI MARASSI –
Non solo. Ci sono da sistemare i servizi igienici, le aree ristorazione, la tribuna stampa. Come ricorda Era Superba, nel 2012 è stata firmata una convenzione tra Comune di Genova e Consorzio Stadium per un canone di 310.000 euro l’anno. Tale canone, della durata di 10 anni, dovrebbe essere garantito da Sampdoria e Genoa. Il punto è che le due società sembrano un po’ in ritardo con i pagamenti. E qui sembra che sia il Genoa ad essere in difficoltà. Il 21 febbraio 2014 la Repubblica spiegò che i due club in poco più di un anno avevano maturato un debito superiore a un milione di Euro. Quelli messi peggio erano proprio i rossoblu, destinatari di un’azione legale nei loro confronti.
GENOVA, DEBITI PASSATI E PRESENTI –
Il Genoa ha poi raggiunto un accordo con Equitalia per il pagamento di un debito di 635.000 euro relativo all’affitto di Marassi prima del 2006, ovvero quando il Comune aveva in gestione diretta l’impianto. L’11 ottobre 2013 Equitalia ha notificato una cartella esattoriale per mancati pagamenti che ammontava a quella cifra e con la società ha trovato l’accordo per il saldo del debito in 24 rate da circa 26.000 euro a partire da gennaio 2014. Ma non è ancora finita. Beppe Costa, presidente del Consorzio Stadium, ripreso da Calcionews 24, ha dichiarato: «Genoa e Sampdoria devono ancora pagare complessivamente «quasi tre milioni di euro, in riferimento al 2013 e 2014. Sappiamo che la situazione dello stadio è difficile, la struttura non è ottimale, ma i nostri crediti sono più che milionari e non è semplice lavorare. Forse le due società sono state occupate dal mercato di gennaio».
STADI, SAN SIRO E LA GESTIONE CONGIUNTA DI MILAN E INTER –
Secondo il sindaco della Superba, Marco Doria, la soluzione potrebbe passare dalla presa in carico della gestione dello Stadio da parte delle due società. Prima però c’è da saldare la questione debiti con il Consorzio, prima di subentrare nel contratto con il Comune. Passiamo da un Consorzio a un altro. Andiamo a Milano, stadio Giuseppe Meazza (o San Siro per i milanisti). O meglio. Quello che una volta era il Consorzio San Siro Duemila oggi è la M-I Stadium Srl, società partecipata pariteticamente da Milan e Inter. Nel 2010, ai tempi della Giunta Moratti, vennero modificati gli accordi per la gestione dell’impianto. Fino a quel momento le società pagavano un canone di 8 milioni di euro l’anno diviso così: metà al Comune, metà usata per lavori di manutenzione e trasformazione dell’impianto che, secondo le intenzioni della precedente Giunta, doveva tornare ad essere una struttura d’Élite.
IL MEAZZA E LA PROPORZIONE 30-70 IN OTTICA CHAMPIONS –
La proposta, confermata nella nuova convenzione, prevede un cambio nelle proporzioni. Il Comune sarebbe passato dal 50 al 30 per cento. La differenza sarebbe stata usata per aumentare i lavori di manutenzione. Questo piano si è reso necessario per ospitare la finale di Champions League 2015/2016 al Meazza. Una manifestazione che costa al Consorzio qualcosa come 60 milioni di euro in lavori di ammodernamento. La convenzione, a vantaggio delle società, cambierà però dal 2016. Infatti da quell’anno fino alla scadenza del 2030 le proporzioni torneranno al 50-50. E qui s’inserisce la volontà delle società di fare da sole.
STADI, A TORINO COSTA «POCO» –
Andiamo verso est, a Torino, per scoprire come il municipio voglia ottenere qualcosa di più dal Toro per l’affitto dello Stadio Olimpico. Al momento il Toro versa 250.000 euro l’anno. Una cifra giudicata troppo bassa dalla V Commissione del Comune, qui ripresa da Toro.it. Secondo il Consigliere Michele Cutro «Nel 2009/2010 la Juve si trasferisce, il Toro si trova in B, e si individua una modalità nuova: 150.000 euro maggiorate di 100.000 in caso di promozione in serie A. Negli anni successivi il canone rimane fissato a 250.000, con tentativi da parte della Giunta di far quadrare i conti. A Maggio il Torino ha contestato quanto riguardava Polizia Municipale e tassa rifiuti».
STADI, LO STRANO CASO DEL TARDINI DI PARMA –
La soluzione? Secondo Vittorio Bertola, consigliere comunale del Movimento 5 Stelle «Il Torino continua a vivere alla giornata ed è evidente che bisogna pensare ad un progetto che vada nella direzione dello stadio di proprietà». Anche per sgravare il Comune dai costi dello Stadio. Rimaniamo al Nord facendo tappa a Parma, città la cui storia sportiva in queste ultime settimane è quantomeno martoriata. La situazione del terreno di gioco è presentata da Stadiotardini.it che ha ripreso le parole dell’Assessore al Bilancio Marco Ferretti. Il Parma paga ogni anno al Comune 32 mila 574 euro più Iva per l’affitto del Tardini. A questi soldi vanno aggiunti 162.873 euro per gli impianti pubblicitari. La concessione, firmata nel 2001, varrà fino al 2031. Trent’anni. L’obiettivo era quello di permettere alla vecchia società, il Parma AC, di ri-ammodernare lo stadio con il passare dei tempi.
STADI, FIRENZE E LA CONVENZIONE FIRMATA DA MATTEO RENZI –
Facciamo a questo punto un salto a Firenze per capire lo stato dell’Artemio Franchi. Nel 2010 l’allora sindaco Matteo Renzi siglò una convenzione di 12 anni, secondo la formula sei più sei, con l’Acf Fiorentina, per l’utilizzo dello Stadio e dei campi di allenamento di Viale Paoli. I viola per via di questo accordo pagano 950.000 euro l’anno, cifra che potrà aumentare dopo il decimo anno di 150.000 euro. Il Comune incassa 100.000 euro a stagione per la pubblicità ora scorporata dal Canone. Se la Fiorentina dovesse andare in Serie B, tali accordi verrebbero modificati «in senso favorevole alla società». Inoltre secondo l’accordo il Comune si prende a carico il 49 per cento degli interventi strutturali importanti mentre il resto toccherà alla Società. Tutti gli altri lavori di manutenzione ordinaria e straordinaria saranno invece a carico del Comune, compresi quelli sul campo.
STADI, IL SAN PAOLO ED I SUOI PROBLEMI –
Prima di passare a Roma è buona cosa fare un salto a Napoli per comprendere la situazione del San Paolo. Marco Belinazzo sul Sole 24 Ore ha proposto uno studio firmato da Michele Uva, direttore generale della Figc, che ha stabilito come il Napoli perda ogni anno qualcosa come 13 milioni di euro per le condizioni dello Stadio di Fuorigrotta. La società ogni anno paga circa un milione di Euro, ma per il Coni non dovrebbe versarne più di 518 mila. In realtà si dovrebbero pagare 868 mila euro ma a questi andrebbero sottratti i 350mila euro per la manutenzione verde del campo, a carico della società quando in realtà toccherebbe al Comune.
STADI, COSA MANCA A NAPOLI –
Poi c’è la questione biglietti. Al botteghino la Società la scorsa stagione ha ricavato 15,1 milioni ma se ne perdono 5,5 per l’inagibilità del terzo anello. Manca il settore «corporate hospitality», gli spazi destinati alle imprese che possono determinare il 50 per cento in più dei ricavi. Mancano gli Sky Box (4 milioni in meno) ed i punti ristoro non sono adeguati. E sono 980mila euro a stagione in meno. Allo stadio c’è un solo negozio per il merchandising aperto solo per le partite mentre il parcheggio è chiuso, con i 100 posti auto riservati solo al Comune. Comune che, secondo la Convenzione, non puo’ organizzare eventi vista l’assegnazione del campo ad uso esclusivo del Napoli.
IL NAPOLI E LA QUESTIONE AFFITTO –
Napoli che il 19 febbraio 2014, come spiegato dal Mattino, si è visto sequestrare da conti correnti e depositi bancari cinque milioni di euro. Il provvedimento venne emesso dalla Procura della Corte dei Conti della Campania in seguito agli accertamenti disposti dopo l’esposto di un consigliere del Comune su presunti danni all’erario e connesse responsabilità amministrativo-contabili per la convenzione tra Comune e Napoli per l’utilizzo dello stadio San Paolo. Gennaro Esposito, consigliere comunale di Ricostruzione Democratica e presidente della Commissione consiliare sport, nell’occasione disse: «il Napoli deve versare al Comune, come prevede la convenzione per la concessione dello stadio, il 4,5% degli incassi netti delle partite oltre a 45.000 euro annui per la pubblicità, ma emergono irregolarità nella riscossione di questi canoni».
STADI, L’ACCORDO TRA ROMA E CONI PER L’OLIMPICO –
La società ha poi fatto sapere in una nota di aver saldato i debiti che aveva con il Comune di Napoli per l’affitto del San Paolo «sino al febbraio 2014» con un bonifico di 6.232.792,71 euro iva compresa, chiudendo ogni querelle pregressa. E chiudiamo con l’Olimpico. La Roma ha firmato con il Coni un accordo con scadenza 2015 dal valore di 2,8 milioni di euro. Non solo. Il proprietario dell’impianto si è impegnato a garantire l’apertura quotidiana dei negozi, l’implementazione di bar e ristoranti, un’area ospitalità più accogliente e maggiori spazi per gli sponsor. L’obiettivo, come ricorda AsRomaLive, è quello per la società di James Pallotta di coprire l’affitto, in attesa del nuovo stadio.
STADI, LOTITO, I DEBITI ED IL NUOVO ACCORDO –
La Lazio invece vive una situazione strana. Nel 2011 Lotito dovette pagare per ordine del tribunale civile di Roma due milioni di arretrati nei confronti del Coni. Una volta arrivati i soldi ci fu la querelle con il Comitato Olimpico circa il nuovo contratto che, come ricorda Granatissimi, venne firmato nel 2012 alla cifra di 2,9 milioni di euro, svincolata dal numero di partite effettivamente disputate dai biancocelesti. L’ultima sfida prevedeva il numero di biglietti omaggio per il Coni. Il Comitato Olimpico ne voleva 352, si è arrivati a 315.
UNA SITUAZIONE DIFFICILE –
Non basta il blasone, quindi. Chi vuole giocare in un impianto deve pagare. Altrimenti si potrebbe arrivare a conclusioni spiacevoli. Da un lato i Comuni cercano di fare il proprio gioco massimizzando i profitti, dall’altro le squadre puntano a condizioni favorevoli ed alla possibilità di sviluppare i propri affari nell’impianto. In realtà le cose cambiano da città a città e non è sempre facile trovare un compromesso tra le parti. Anzi, spesso si arriva a situazioni di rottura per far valere le proprie ragioni. E dire che il concetto è fin troppo semplice. Per giocare serve un campo e questo dev’essere pagato. Vale nelle partite tra amici, figuriamoci in Serie A.