Spot Nuvenia bollato come inadatto ai minori e privo di «rilevanza sociale»

Categorie: Mass Media

Con tutto quello che vedono sui social, bambini e adolescenti dovrebbero essere scandalizzati dallo spot che rende la vulva un pupazzo?

Lo spot pubblicitario di Nuvenia per la campagna Libra di osare ha fatto discutere moltissimo, su questo non c’è alcun dubbio. In rete la polemica si era scatenata e il social media manager del brand aveva anche iniziato a rispondere a chi criticava e agli odiatori spiegando perché non aveva senso dire “denuncio questo schifo al Garante dell’infanzia” – solo uno dei tanti commenti spregiativi -. I commenti come quello appena citato erano stati ritenuti ridicoli da molti ma, alla luce della Risoluzione del 17 dicembre del Comitato di applicazione del Codice di autoregolamentazione Media e Minori la questione – assurdamente – cambia.



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Spot Nuvenia minori: violazione del codice per l’autoregolamentazione

Al centro della questione c’era il passaggio su Canale 5, in data 4 ottobre alle ore 18.30 – quindi in fascia non protetta -, dello spot Nuvenia. La trasmissione è stata classificata come violazione del codice per l’autoregolamentazione Media e Minori, mettendo nuovamente al centro della bufera lo spot in questione e il brand Nuvenia – precursore da sempre, tra i marchi italiani, della normalizzazione del ciclo mestruale delle donne -. Il comitato, alla fine, ha ceduto alle critiche di coloro che hanno giudicato i contenuti dello spot eccessivamente espliciti – seppure, come si intuisce guardando il video, riportati sullo schermo in maniera assolutamente non volgare -.



La campagna Nuvenia non avrebbe alcun valore sociale

La difesa ha parlato del “carattere “non esplicito” delle immagini, della particolarità del pubblico del programma che le ha ospitate (Pomeriggio 5 n.d.r.) , nonché del valore sociale della campagna pubblicitaria nel suo insieme” ma non è servito a nulla. Il comitato ha valutato queste ragioni “non coerenti al rilievo mosso” e “non sufficienti a giustificare la messa in onda in fascia protetta di scene che – ad avviso del Comitato e come i segnalanti stigmatizzano– non concorrono all’obiettivo di abbattere i tabù che ancora insistono sulla vita delle donne”.

Che messaggio passa?

Al netto delle immagini mostrate nello spot – con una vulva pupazzo o associata a frutti o oggetti di uso comune che possano richiamarne la forma -, viene da chiedersi e da chiedere al comitato: dove sono la volgarità o l’inadeguatezza alla visione di un pubblico di minori? Bambini e adolescenti, spesso e volentieri, stando sui social sin da piccoli – o avendo comunque accesso tramite persone più grandi – vedono contenuti ben più espliciti e veramente volgari. Cosa rimane di questo verdetto? Solo una ulteriore possibilità persa, in questo paese, di normalizzare il ciclo mestruale femminile.