Venezia 75, Una Storia Senza Nome: Quando l’arte incontra la Mafia | RECENSIONE
08/09/2018 di Redazione
Una Storia Senza Nome, presentato a Venezia 75, mette insieme arte, cinema, metateatro e Mafia. Ecco la nostra recensione del film diretto da Roberto Andò.
Una Storia Senza Nome | Recensione
Metateatro, arte e Mafia si incontrano in Una Storia Senza Nome. Alla base di tutto, c’è la storia vera di un quadro di Caravaggio, la Natività, rubato a Palermo nel 1969 e mai più ritrovato. Su questo grande mistero, ormai avvolto quasi nella leggenda, poggia le basi e gioca la pellicola. Il cinema viene esaltato come potente mezzo per raccontare delle storie, ma anche – come in questo caso – delle scomode verità.
La protagonista del film, impersonata da Micaela Ramazzotti, è una donna dura, decisa a non mollare e a non lasciare “mai una storia a metà”. Va avanti, nonostante il tutto la porti in una situazione di evidente pericolo, dove chiunque si sarebbe tirato indietro. Non la si definirebbe del tutto emancipata: la spinta di personaggi maschili come Alberto (Renato Carpentieri) o Alessandro (Alessandro Gassmann) è evidente nel suo percorso.
Una Storia Senza Nome è dotato di un certo grado di poesia, tra le splendide inquadrature di una regia dinamica e attenta ai particolari. Il ritmo viene scandito da un’incalzante colonna sonora, che dona l’atmosfera di un thriller: la narrazione non ha bisogno di scene particolarmente crude o violente. Il risultato è un film gradevole, che cattura l’interesse dello spettatore utilizzando l’arte nelle sue molteplici forme: da Caravaggio, alla musica, al materiale audiovisivo.
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