Al lavoro usava sempre lo smartphone e si è ammalato di tumore: l’Inail condannata a risarcirlo

L'uso prolungato è stato stimato in due ore e mezza di media al giorno: la decisione della Corte d'Appello

06/11/2022 di Redazione

C’è stato un altro passo in avanti rispetto all’annosa questione del collegamento tra utilizzo prolungato dello smartphone e l’insorgere del tumore. Questa volta, il passo è stato fatto non in campo medico, ma in campo giuslavoristico. L’INAIL, infatti, è stata condannata al risarcimento dopo che un uomo aveva fatto un esposto relativo a una vicenda che aveva caratterizzato la sua carriera professionale.

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Smartphone e tumore, il collegamento riconosciuto dalla corte d’appello

L’uomo che ha presentato ricorso, un ex tecnico specializzato dell’Acciai Speciali Cogne di 63 anni, aveva affermato che l’insorgenza di un neurinoma acustico (ovvero un tumore benigno all’orecchio) era stata causata dall’utilizzo prolungato dello smartphone, per motivi di lavoro, stimato in due ore e mezza al giorno per circa 13 anni. Sia il tribunale ordinario, sia la corte d’appello hanno riconosciuto la fondatezza del suo ricorso e, pertanto, hanno condannato l’INAIL al pagamento di un risarcimento.

Entrambe le sentenze, che sono partite da due perizie diverse, si sono basate sul fatto che i medici specialisti, esperti di questo tipo di neurinoma, hanno dichiarato molto probabile la connessione tra l’utilizzo del telefono e l’insorgere del tumore. Non, ovviamente, la certezza e la corrispondenza al 100% tra le due circostanze, ma solo una serie di elementi che, con alta probabilità, avrebbero messo in connessione i due episodi.

Il problema della connessione tra una diagnosi del genere e l’utilizzo prolungato dello smartphone (non soltanto in ambito lavorativo) è anche la presenza di diversi studi che mettono in dubbio la correlazione. Al contrario, la letteratura che individua il rapporto di causa-effetto è sempre più ampia. Dipende molto, sull’aspetto delle decisioni del tribunale, dalla linea seguita dai magistrati chiamati ad analizzare la vicenda. Nel frattempo, questa decisione sul 63enne rappresenta il secondo caso analogo esaminato dalla corte d’appello di Torino.

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