I nuovi attacchi a Silvia Romano dimostrano perché c’è bisogno di un progetto sull’islamofobia

Diversi account collegati all'ideologia sovranità stanno twittando contro la volontaria italiana rapita in Kenya

13/09/2020 di Redazione

Un progetto denominato YES – Youth Empowerment Support for Muslim communities – co-finanziato dalla Commissione Europea e realizzato in partnership con Fondazione L’Albero della Vita – onlus e con Associazione le réseau, ha scelto otto rappresentanti milanesi per sensibilizzare e dare supporto alle vittime dell’islamofobia. Tra gli otto rappresentanti c’è anche Silvia Romano che, in questo modo, può mettere in campo tutta la sua esperienza di studio nel settore della mediazione culturale.

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Silvia Romano islamofobia, l’ennesimo attacco subito per la partecipazione a un progetto europeo

Un progetto che è partito già da inizio anno e che, in questa fase, si avvarrà anche dell’aiuto della volontaria italiana che è stata rapita in Kenya il 20 novembre 2018 e che, dopo un anno e mezzo di prigionia, è rientrata in Italia nel mese di maggio. La notizia del suo coinvolgimento è di qualche giorno fa, ma oggi è diventata oggetto di un dibattito molto violento – ancora una volta, purtroppo – sui social network.

Complici alcune riprese del progetto da parte di testate vicine al pensiero della destra conservatrice, gli articoli sono entrati nella cosiddetta ‘bolla sovranista’, con effetti che tutti noi possiamo immaginare. Ancora una volta viene attaccata Silvia Romano, ancora una volta si sottolinea l’opportunità della sua conversione all’islam nel corso della sua prigionia in Somalia, ancora una volta si esprimono giudizi che nascondono una radicata cultura del rifiuto nei confronti di qualsiasi cosa sia culturalmente diverso da noi.

Silvia Romano islamofobia, gli attacchi dimostrano una volta di più l’importanza di un progetto come questo

Probabile, tuttavia, che questo attacco delle ultime ore dia ancora più forza a Silvia Romano, dal momento che dimostra, una volta di più, come il nostro Paese sia caratterizzato da una islamofobia strisciante. Per questo progetti come YES sono fondamentali per sensibilizzare l’opinione pubblica e dare un concreto supporto a chi, quotidianamente – magari non sotto ai riflettori come è capitato per Silvia Romano – soffre per discriminazioni di questo tipo. Ancora una volta è una dicotomia: da un lato c’è la povertà dei contenuti e delle tesi di chi attacca, dall’altro c’è la grande forza di volontà e di mettersi in gioco per gli altri di chi fa solidarietà.

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