Novanta giorni senza Silvia Romano. Civati: «Rapita due volte, anche dalla nostra attenzione»
27/02/2019 di Enzo Boldi
Novanta lunghi giorni senza Silvia Romano. La giovane cooperante milanese è stata rapita lo scorso 20 novembre in Kenya, dove si trovava per aiutare le popolazioni più in difficoltà in un luogo che ogni giorno deve combattere tra la povertà e le bande di criminali che continuano a devastare quel fazzoletto di terra dell’Africa Centrale. Poche e frammentarie le notizie che arrivano da lì, per un caso che sembra esser finito nel dimenticatoio, fagocitato da questioni interne ed esterne che hanno messo il silenziatore sulle sorti della giovane partita dall’Italia per aiutare le persone più bisognose.
Le ultime notizie risalgono al 21 gennaio, quando le forze dell’ordine di Nairobi, capitale del Kenya raccontavano di come la giovane – probabilmente – si trovasse ancora nelle mani dei rapitori nella boscaglia del Tana river. Indicazioni frammentarie, così come sembra essere frammentario l’interesse per le sorti di Silvia Romano, sparita dai radar dell’attenzione anche della politica che si è dedicata alle esternazioni pubbliche – al netto di un auspicabile lavoro sotterraneo – solo nelle prime ore del suo sequestro.
Novanta giorni senza Silvia Romano
Un silenzio quasi assordante. «Silvia Romano è stata rapita due volte – spiega Giuseppe Civati, fondatore di Possibile, a Giornalettismo -. La prima volta dai criminali che l’hanno sequestrata; la seconda dalla nostra attenzione». La critica è mossa al disinteresse attorno alle sorti della 23enne cooperante, così come per quelle di tanti altri connazionali di cui non si hanno notizie da diverso tempo.
La Farnesina ha deciso di optare, fin dalle prime ore, per un profilo basso. La famiglia di Silvia Romano tiene a mantenere uno stretto riserbo sul destino della giovane. La cosa che appare evidente, però, è l’atteggiamento che si è avuto attorno a questa vicenda fin dall’inizio. «Vorremmo sapere se c’è una strategia del governo – prosegue Giuseppe Civati -. Per altri casi internazionali l’attenzione è stata più alta. Ma, forse, è il continuo ricorso alla propaganda a ottundere le menti».
Giuseppe Civati: «Silvia è stata rapita due volte»
Non si vuole buttare il rapimento di Silvia Romano nel più classico Colosseo della contesa e dei proclami. «Non bisogna cadere nella tentazione di gettare le sorti delle giovane cooperante nella polemica tra le varie fazioni politiche – spiega Civati -. Dobbiamo uscire da questo contesto per rispetto della ragazza e della famiglia che da mesi non ha notizie della loro Silvia. Io ricordo quotidianamente l’assenza di notizie e informazioni ufficiali a riguardo come valore simbolico e per fare una pressione affinché ci siano date delle risposte».
Il cortocircuito della retorica populista dell’«aiutiamoli a casa loro»
Giuseppe Civati poi sostiene come, dal giorno del suo rapimento, la storia sia stata contornata da fake news e insulti liberi, senza che nessuno facesse nulla per bloccare tutto questo. Poi il silenzio, utile per mettere a tacere i leoni da tastiera e i diffusori di bufale della prima ora. «In Italia si tende sempre a buttarla in caciara e a portare l’attenzione solamente su temi che poi hanno dei riverberi elettorali – prosegue il fondatore di Possibile -. Da come è vissuta la vicenda di Silvia Romano è evidente che il tutto sia stato vissuto come un cortocircuito della retorica nazionalista e populista. Il concetto ‘Aiutiamoli a casa loro’ è svanito con gli insulti rivolti all’unica vera vittima di questo rapimento».
(foto di copertina: da profilo Facebook di Silvia Romano)