Tv e streaming devono essere «capaci di cambiare rotta rapidamente, seguendo i cambi repentini della corrente»

Insieme a Christian Ruggiero, docente del dipartimento di Comunicazione e Ricerca Sociale della Sapienza, abbiamo commentato gli ultimi avvenimento in ambito tv e streaming

19/12/2022 di Ilaria Roncone

A partire dal 2023 – e passando per lo switch off previsto nella giornata di domani, 20 dicembre 2022 – abbiamo approfondito quello che è accaduto nell’anno che sta terminando sia in termini di sistema televisivo che in termini di sistema streaming. I dati, sia nell’uno che nell’altro ambito, parlando chiaro: il televisore si sfrutta sempre meno ma la televisione – inteso come canali televisivi e come fruizione dello streaming – sta avendo un buon andamento sui nuovi media. Per quanto riguarda lo streaming, dopo il boom degli scorsi anni le aziende che producono contenuti – visto il calo di nuovi iscritti che, per la prima volta la scorsa primavera, Netflix ha registrato – stanno rallentando gli investimenti, puntando sulla creazione di un minore quantitativo di contenuti. Di questo andamento che si sta registrando negli Stati Uniti e di quello che accade in Italia abbiamo scelto di parlarne con Christian Ruggiero, docente del Coris (Dipartimento di Comunicazione e Ricerca Sociale) della Sapienza di Roma.

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Lo switch off come «naturale conclusione di un ciclo necessario di modernizzazione delle strutture e dei prodotti»

Adottare il nuovo digitale terrestre, il DVB-T2, a partire dal 2023 farà sì che i broadcaster si allineino «allo standard che l’attuale tecnologia per l’audiovisivo consente». A rendere urgente questa operazione è stata «la necessità di liberare la banda a 700 Mhz per “far spazio” alla telefonia in 5G: un elemento che fa tornare d’attualità i dibattiti che hanno animato il mondo della comunicazione tra la fine degli anni Novanta e i primi anni Duemila – spiega Ruggiero -. In questo caso, però, il tema non è la possibilità di ritrovarsi il telegiornale di Emilio Fede sul satellite, ma la difficoltà di adeguamento dell’hardware a disposizione dell’utenza. Come annunciato dagli stessi broadcasters per bocca di Confindustria RadioTv, la data dello switch-off era stata scelta per venire incontro alle fasce di popolazione più deboli, che avrebbero avuto maggiori difficoltà sotto il profilo tecnologico e “operativo” a gestire il rinnovo del proprio apparecchio o l’applicazione di un decoder».

«Le difficoltà incontrate sull’effettiva disponibilità dei bonus pone un problema “dal basso” rispetto a quest’operazione, che non è di poco conto. Questo disallineamento tra i piani dei broadcaster e le possibilità degli utenti necessiterebbe forse di un’ulteriore approfondimento, ma una volta messo in moto un apparato industriale, compreso quello audiovisivo, è difficile rivedere i programmi fatti», riflette il docente.

In Italia non possiamo permetterci di considerare la popolazione senior minoritaria

Commentando i dati Censis, Ruggiero evidenzia come «sono i giovani tra i 14 e i 29 anni, che per una serie di motivi hanno come riferimento di fruizione schermi diversi da quello televisivo» individuando, rispetto a questo, due elementi da considerare: «Il primo è che l’Italia è un Paese anziano, e la popolazione “senior”, affezionata al mezzo televisivo tanto per l’informazione quanto per l’intrattenimento non può essere considerata come un target minoritario rispetto a quello giovanile» ma «il bacino che regge tutt’ora le sorti dei grandi broadcaster, un bacino che non può essere dato per scontato, considerato immobile e restio al cambiamento, ma rispetto al quale è invece opportuno condurre tutti gli investimenti che garantiscano una fruizione di qualità».

«Il secondo elemento da considerare – prosegue il professore, interpretando i dati alla luce dello switch off – riguarda proprio i consumi giovanili, che passano sì per i dispositivi mobili, ma nella misura in cui questi dispositivi hanno una portata in termini di banda sempre maggiore (torna il tema della sinergia col 5G, e in qualche modo tutto si tiene) sono in grado di ricevere segnali sempre più complessi. E’ finita da tempo l’era dei video sgranati provenienti da cronisti improvvisati, ormai quanto ripreso, trasmesso e ricevuto da uno smartphone fa concorrenza al Tg1, dunque la possibilità, almeno teorica, di accedere alla rinnovata offerta audiovisiva c’è. Inoltre, permangono momenti di “unità nazionale” in cui anche i giovani tornano, pur con gli stili di fruizione che gli sono propri, a guardare allo schermo televisivo. Il Festival di Sanremo è uno di questi, ed esser pronti per questo “grande evento mediale” è certamente un vantaggio per quella parte di broadcasting che fa riferimento al Servizio Pubblico Radiotelevisivo».

Quanto accade allo streaming evidenzia la necessità di saper cambiare rotta rapidamente

«La parola chiave che da studiosi di comunicazione dobbiamo sempre tenere a mente, anche perché le generazioni di nativi digitali ormai la incorporano automaticamente nei loro comportamenti di consumo, è ibridismo. Nella storia dei media, nessuna nuova tecnologia, nessun nuovo canale di comunicazione ha mai del tutto soppiantato gli altri. Pensiamo a quello che è stato recentemente definito come “Ecosistema Audio Suono”, che certifica la vitalità di quello che un tempo avremmo chiamato sistema radiofonico, inserito in un ecosistema fatto di diretta e streaming, livecast e podcast, broadcast e narrowcast».

«Pubblici diversi – spiega Ruggiero – fruiscono di prodotti diversi, ed essi stessi cambiano nel tempo, modificando le proprie abitudini di vita e di conseguenza quelle di consumo, culturale e mediale. E c’è spazio per un consumo trasversale che interessa un medesimo prodotto, sottoposto da pubblici diversi a procedure di fruizione differenziate. In un territorio magmatico come quello della comunicazione, pretendere di prevedere l’evoluzione dei consumi oltre il medio periodo è particolarmente arduo; «quel che occorre è la capacità di cambiare rotta rapidamente, seguendo eventuali cambi repentini della corrente»«. E tener presente che, come dimostrano i problemi di questo switch-off, il tema dell’utilizzo della banda di trasmissione rimane centrale, anche se negli ultimi anni siamo stati portati a considerare questa risorsa come inesauribile».

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