La vera storia di Sergio Bramini, l’imprenditore a cui lo Stato deve 4 milioni di euro
18/05/2018 di Redazione
Sta succedendo un certo movimento in quel di Monza. Matteo Salvini e Luigi Di Maio si sono schierati a fianco di Sergio Bramini, 70 anni, ex titolare della “Icom“, azienda operante nel campo della gestione rifiuti. Bramini è sotto sfratto. La sua Icom è fallita nonostante vantasse 4 milioni di crediti dalle pubbliche amministrazioni. Soldi che l’azienda di Bramini non ha mai visto.
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IL FALLIMENTO DELLA AZIENDA DI BRAMINI
“Fallito per colpa dello Stato”, ha spiegato più volte l’imprenditore. Perché però è sotto sfratto?
Partiamo dall’inizio. Ovvero dalla sua Icom. L’azienda era florida, ha vinto diversi appalti nel Sud Italia, in Sicilia e a Napoli per l’emergenza rifiuti. Tutti contratti con pubbliche amministrazioni.
Dal 2005 però gli enti pubblici hanno smesso di pagare. E quando raramente lo facevano lo facevano col contagocce. L’azienda – che nel suo core business vantava perlopiù questa tipologia di clientela – inizia ad avere grosse difficoltà. Per 5, 6 anni circa Bramini paga l’Iva su fatture “mai riscosse”. Che fare? Dichiarare fallimento e licenziare i dipendenti o andare avanti?
L’imprenditore decide di fare due mutui. Uno di 500 mila euro sulla casa. E un altro, di 500 mila euro sugli uffici. “Per pagare il gasolio e il personale“, spiega alle Iene che lo seguono da mesi.
Nel 2011 l’azienda fallisce. Al momento del fallimento il credito delle p.a oltrepassava i 4 milioni di euro. In particolare l’Ato di Ragusa aveva la fetta di pagamenti più alta. Giovanni Vindigni, ex presidente Ato Ragusa ambiente spiegò al tempo a Le Iene: “L’Ato era una società per azioni, i cui azionisti erano i comuni. Se il Comune non pagava l’Ato da chi poteva prendere i soldi?“. Giuseppe Nicosi, ex sindaco di Vittoria (paesino del ragusano) rigetta però la patata bollente del collega: “Inadempienze? Si pagava. C’erano dei ritardi, come è nell’ambiente“.
“Ho venduto la Mercedes e quando ho avuto quei contanti li ho divisi con i miei dipendenti”
Bramini a Le Iene, ottobre 2017
Ok, ci siete? Perché qui le cose si complicano. Il curatore fallimentare spiega a Bramini che doveva fallire prima e mandare tutti a casa. Andando avanti così per anni, in mezzo alle insolvenze altrui, avrebbe procurato un danno all’azienda pari a circa “un milione di euro“. Soldi che ora il Bramini deve. In pratica si risale così ai 500 mila euro chiesti sulla casa e quegli altri 500 mila euro di mutuo fatto sugli uffici. Il curatore fallimentare braccato da Le Iene ribadisce che Bramini ha sbagliato ma non fornisce ulteriori informazioni.
MA TORNIAMO ALLA CASA DEL BRAMINI
Come è stato chiesto il mutuo sulla casa di Bramini? A chiarire le cose è il Tribunale di Monza che ha scritto a Le Iene per il secondo servizio. L’immobile era intestato a Bramini e poi alla moglie (separata). A Monza si procede con lo sfratto sull’immobile pignorato da una banca con cui anni fa la Icom stipulava un contratto di mutuo. Contratto con cui Bramini da garanzia ipotecaria. Garanzia che per legge “dà diritto al creditore al creditore di agire direttamente sull’immobile ipotecato di fronte alla mancata restituzione del mutuo“. La procedura di fallimento di Icom, spiegano da Monza, non è il fallimento personale del signor Bramini. A ciò si aggiunge il Tribunale di Milano, che invece segue il fallimento della società, e che ha dichiarato inefficace il cedimento dell’immobile alla moglie dell’imprenditore. Da Monza dichiarano la loro estraneità sulla procedura di fallimento seguita dei colleghi di Milano e spiegano che, per legge, non si poteva fare altrimenti.
Nel servizio de Le Iene Bramini punta il dito sulla gestione del curatore. Anche perché la certificazione dei crediti, prevedibili per legge, non è stata chiesta. E così il tutto (inclusi i materiali di azienda) è stato svenduto e i debiti sanati con riduzioni consistenti.
Lo sfratto è stato anticipato al 18 maggio, perché il primo giugno, a causa della Festa della Repubblica dell’indomani, le forze dell’ordine potrebbero essere sotto organico. Bramini intanto si è appellato anche alla neopresidente del Senato, Maria Elisabetta Alberti Casellati. Finora inutilmente. La casa è stata scelta come domicilio parlamentare dal senatore Gianmarco Corbetta (M5S) e di un altro parlamentare leghista. Un tentativo questo, l’ultimo, per impedire uno sfratto su cui c’è già stato un rinvio.
LE MINACCE AI MAGISTRATI DI MONZA
I servizi de Le Iene e l’attenzione dei mass media hanno smosso critiche in rete. Perfino minacce, secondo quanto denuncia la sezione di Monza dell’associazione nazionale magistrati all’agenzia Ansa. L’associazione – in una nota – ha parlato di una eccessiva pressione mediatica sulla vicenda.
“Non possiamo accettare che i singoli giudici siano oggetto di pressioni mediatiche volte a ostacolare il regolare corso del processo – si legge nella nota – attuate attraverso campagne denigratorie, che ledono la libertà personale del singolo e offendono l’intera magistratura monzese“.
Secondo l’associazione dei magistrati “campagna mediatica” avrebbe l’intenzione di “condizionare l’attività dei giudici della terza sezione civile del Tribunale di Monza“. I magistrati hanno ribadito di non voler limitare il diritto di informazione, ma allo stesso modo “garantire l’opinione pubblica sul fatto che i Giudici di questo Tribunale esercitano e continueranno a esercitare le proprie funzioni con serenità e trasparenza, nel rispetto della legge, respingendo coercizioni di qualsiasi provenienza“.
Ribadiscono “la regolarità delle procedure attuate dagli uffici preposti all’esecuzione“. Hanno precisato che “tutti i magistrati, e in particolare quelli che si occupano delle esecuzioni forzate, son ben consapevoli dei drammi umani di coloro che si trovano a subire l’esproprio della propria abitazione a causa di eventi sfortunati”. Tuttavia “non possono sottrarsi al dovere di applicare la legge“.