L’Italia deve adeguarsi alla sentenza Onu sul referendum popolare entro fine maggio
13/05/2020 di Ilaria Roncone
Questa battaglia è cominciata ai tempi del governo Renzi, nel 2015, quando i radicali Mario Staderini e Michele De Lucia hanno sollevato la questione. L’Italia è stata denunciata tre anni fa e condannata dal Comitato diritti umani dell’Onu con la sentenza di novembre 2019 perché «viola i diritti sabotando i referendum». Si parla dei diritti civili e politici dei cittadini, quelli a «partecipare alla vita democratica, in particolare con gli strumenti come quelli del referendum», come sottolinea Giulia Innocenzi. L’ex direttrice di Gionalettismo ha ricordato oggi come, tre anni fa, a presentare quella denuncia a Mattarella in Quirinale c’eravamo anche noi.
Italia condannata dall’Onu per la violazione dei diritti del cittadino
Il Comitato delle Nazioni Unite ha richiamato il nostro paese per gli ostacoli alla raccolta firme che ci sono nel nostro paese. Considerata la data della sentenza – novembre 2019 – l’Italia ha fino a fine maggio per adeguarsi a quanto stabilito. E ancora non è stato fatto niente in merito. Si tratta dell’affermazione di un diritto tutelato a livello internazionale e che nel nostro paese viene violato a causa di un vero e proprio boicottaggio dei referendum popolari – quelli attivati raccogliendo 500 mila firme -. Nella sentenza si parla di «restrizioni irragionevoli» che sono di ostacolo al referendum popolare, ovvero la difficoltà nell’adempiere all’obbligo di autenticazione della raccolta firme da parte di un pubblico ufficiale che deve essere presente al momento della sottoscrizione.
Ad oggi possono utilizzare il referendum solo partiti e sindacati
Visto il meccanismo, l’autenticazione della quantità di firme necessarie è possibile – ad oggi – solo per grandi partiti e sindacati che si possono permettere « autenticatori gratis a disposizione in tutta Italia. Sono la ‘casta’ degli autenticatori», come ha detto Staderini. Il commento alla decisione Onu è stato chiaro: «Insegna che la democrazia liberale non è un feticcio, ma deve vivere tramite la concreta uguaglianza nel godimento dei diritti politici. Cosa che in Italia, ora è accertato, non è accaduta». Dalla sentenza il governo ha 180 giorni per adeguarsi. Fino ad ora nulla è cambiato. C’è tempo per il nostro paese fino a fine maggio. La condanna riguarda anche il «mancato intervento delle istituzioni» – in riferimento a Presidenza della Repubblica e del Consiglio, ministeri dell’Interno e della Giustizia – e l’«inadempienze di molti Comuni» oltre alla mancanza di una corretta informazione pubblica sulle campagne referendarie. «Non chiediamo un risarcimento in denaro, ma le scuse formali dello Stato», ha detto il professore di Diritto internazionale che ha curato il ricorso dei Radicali, Cesare Romano.
(Immagine copertina da Pixabay)