Perché la Cassazione ha detto no all’aggravante dell’alcool su uno stupro
17/07/2018 di Redazione
Oggi sta facendo scalpore la decisione della Cassazione riguardante una violenza sessuale che vede imputati due 50enni. In questo caso è stata dichiarata l’inammissibilità delle aggravanti di reato se la vittima dello stupro è ubriaca. Molti si sono indignati, inclusi diversi politici. In realtà non hanno ben interpretato la sentenza che ammette diverse cose ma non può concedere questa tipologia di aggravante.
Le sentenze non si discutono, ma questa la discuto. Stuprare una donna ubriaca è PIÙ grave, non meno grave, a prescindere se abbia bevuto di sua volontà. Siamo ancora al “se l’è cercata”? La Cassazione ci fa fare un brutto salto all’indietro.
https://t.co/aijq2pP6DO— Giorgio Gori (@giorgio_gori) 16 luglio 2018
Ho ascoltato al Tg con mia figlia la sentenza sullo stupro che non prevede aggravante perché la vittima era ubriaca. Mia figlia ha detto “che vergogna”. Ecco, penso abbia ragione.
— Roberta Pinotti (@robertapinotti) 16 luglio 2018
Cassazione, stupro senza aggravante: il caso
Partiamo anzitutto dal caso. Due uomini e una ragazza avevano cenato insieme a casa, lei aveva assunto una quantità eccessiva di vino, tanto da non esser «più in grado di autodeterminarsi e a ricordare pienamente l’accaduto». I due l’avevano portata in camera da letto e avevano abusato di lei. A distanza di ore la donna era riuscita a raggiungere il pronto soccorso per poi denunciare l’accaduto. Gli imputati furono assolti in primo grado dal gip di Brescia, nel 2011, perché la vittima non fu ritenuta attendibile. Nel 2017 la Corte d’Appello di Torino aveva invece condannato i due uomini a tre anni di reclusione. Aveva in questo caso valutato diversamente il referto del pronto soccorso sulla donna, che evidenziava leggeri segni di resistenza, ed emesso la condanna, con le attenuanti generiche e l’aggravante. La difesa però ha sostenuto come non vi fosse stata condotta violenta da parte dei due, né riduzione ad uno stato di inferiorità, dato che la giovane aveva bevuto volontariamente. La Cassazione (con sentenza 32462 della terza sezione penale) ha quindi esaminato esaminato il caso confermando la «violenza sessuale di gruppo con abuso delle condizioni di inferiorità psichica o fisica» anche se la vittima ha assunto alcol volontariamente, visto che si trovava «in uno stato in infermità psichica», a prescindere da chi l’abbia determinato. Ecco perché per la Cassazione c’è violenza sessuale perché mancano le condizioni per un valido consenso. Non può però dare l’aggravante. Perciò, non potendo confermare l’appello ha rinviato con richiesta di modifica «al ribasso» la sentenza di secondo grado. Come mai?
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«C’è stata violenza sessuale di gruppo con abuso delle condizioni di inferiorità psichica o fisica – si legge nella sentenza 32462 della terza sezione penale -, ma si deve rilevare che l’assunzione volontaria dell’alcool esclude la sussistenza dell’aggravante, poiché la norma prevede l’uso di armi o di sostanze alcoliche, narcotiche o stupefacenti o di altri strumenti o sostanze gravemente lesivi della salute della persona offesa». Se la vittima fosse stata drogata o ubriacata contro la sua volontà in questo caso ci sarebbe lesione della persona offesa e quindi l’aggravante. Chiaro che questa sentenza influenzerà casi simili, come ad esempio quello delle studentesse americane di Firenze.
Il problema è però il messaggio che esce dai mass media. E in rete. Né il codice penale e né la Cassazione affermano che se la vittima è ubriaca allora non è stupro. Semplicemente la sentenza 32462 traccia i confini tra quella che può esser ritenuta una aggravante e no. Le circostanze aggravanti sulla violenza sessuale sono stabilite all’articolo 609-ter c.p..
Quali sono le circostanze aggravanti in caso di violenza sessuale
C’è reclusione da sei a dodici anni se i fatti sono commessi nei confronti di persona che non ha compiuto quattordici anni; con l’uso di armi o di sostanze alcoliche, narcotiche o stupefacenti o di altri strumenti o sostanze gravemente lesivi della salute della persona offesa; da persona travisata o che simuli la qualità di pubblico ufficiale o di incaricato di pubblico servizio; su persona sottoposta a limitazioni della libertà personale; nei confronti di persona che non ha compiuto sedici anni e della quale il colpevole sia l’ascendente, il genitore anche adottivo, il tutore; all’interno o nelle immediate vicinanze di istituto di istruzione o di formazione frequentato dalla persona offesa; nei confronti di donna in stato di gravidanza; nei confronti di persona della quale il colpevole sia il coniuge, anche separato o divorziato, ovvero colui che alla stessa persona è o è stato legato da relazione affettiva, anche senza convivenza; se il reato è commesso da persona che fa parte di un’associazione per delinquere e al fine di agevolarne l’attività; se il reato è commesso con violenze gravi o se dal fatto deriva al minore, a causa della reiterazione delle condotte, un pregiudizio grave.
La pena è ulteriormente aggravata, con reclusione da sette a quattordici anni, se il fatto è commesso nei confronti di persona che non ha compiuto dieci anni.
Ed è proprio qui l’inghippo: per la Cassazione non è gravemente lesivo della salute della persona offesa se è la persona stessa ad usare sostanze alcoliche nella sua piena volontà.
(Foto ANSA/ GUIDO MONTANI)