Come Meta avalla le segnalazioni false per violazione del copyright
Il sistema automatizzato è la causa di questo male. Facebook e Instagram fanno spallucce e se ne lavano le mani
31/05/2024 di Enzo Boldi

Sei una persona “X” a cui sta molto antipatica una persona “Y” che ha un grande seguito su Facebook e Instagram. Allora decidi di agire contro di lui, ma in modo subdolo. Con una modalità che viene avallata da Meta. Non con commenti denigratori, ma con le segnalazioni di violazione di copyright. La storia che sta raccontando oggi Giornalettismo, partita dalla segnalazione e dal racconto di un nostro lettore, è l’emblema di questo “bug” social figlio di un sistema automatizzato di controllo che in realtà non controlla un bel niente.
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Come raccontato in precedenza, una serie di segnalazioni per violazione del diritto d’autore su Facebook o Instagram viene recepito in modo molto penalizzate da parte di Meta. Dunque, la persona “X” citata all’inizio di questo articolo, può creare degli account finti (utilizzando mail finte, con nominativi simili o leggermente modificati rispetto a quelli di pagine e persone realmente presenti sulle piattaforme social dell’azienda di Menlo Park) e iniziare una sorta di campagna compulsiva di segnalazioni sul copyright violato. Una sorta di bombing che finisce nei sistemi di Meta che provvede alla segnalazione.
Segnalazioni violazione copyright, Meta avalla i fake
Una segnalazione è una goccia nell’oceano che, però, già mette il mirino sulla pagina segnalata. Tante segnalazioni, invece, fanno scattare l’allarme rosso e provocano il blocco (seppur temporaneo, nella maggior parte dei casi) della pagina. Quindi, missione compiuta per chi vuole “colpire” una pagina a lui “antipatica”. E Meta che fa se si tratta di profili fake ed e-mail fake da cui sono partite queste contestazioni? Nulla. Nella maggior parte dei casi se ne lava le mani. Non perché ci sia un disinteresse da parte di un dipendente dell’azienda a indagare, ma perché quel dipendente non esiste. Tutto è figlio di un sistema automatizzato che – quando si presenta ricorso – non è in grado di indagare. D’altronde, è Meta stessa a confermare questo atteggiamento quando un utente – titolare di una pagina – viene colpito da queste segnalazioni:
«In seguito al suo ricorso, abbiamo nuovamente esaminato i contenuti in questione. A seguito del nostro controllo, riteniamo ancora che i contenuti violino i diritti di proprietà intellettuale di chi ha inviato la segnalazione e non siamo in grado di ripristinarli. Se continua a non ritenere opportuna la rimozione dei contenuti in questione da Facebook, può contattare direttamente la parte che ha presentato la segnalazione per risolvere il problema».
Perché il sistema conferma la violazione del diritto di proprietà intellettuale di chi ha inviato la segnalazione? Proprio per l’assunto iniziale: chi fa queste segnalazioni fake, utilizza nomi di pagine esistenti (attraverso mail fittizie che seguono lo stesso paradigma) e avanzano queste contestazioni proprio “a nome” di queste pagine, senza che i reali titolari/gestori siano al corrente di ciò. Il sistema, dunque, non potendo andare in profondità (il controllo automatizzato è più veloce, ma superficiale rispetto a quello umano) si ferma lì e dice a chi presenta ricorso di contattare il segnalatore. Ed ecco come Meta avalla questo assurdo gioco doloso.