Proteste Dad: «Ci dicono le cose due giorni prima, non siamo macchinette e vogliamo chiarezza»

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Una studentessa ci ha spiegato le ragioni dello sciopero muto contro la Dad cui hanno aderito una serie di scuole del nord Italia

Dopo aver ricevuto la lettera degli studenti sulla Dad e sulle relative problematiche, abbiamo sentito una di loro per capire quali siano le preoccupazioni di uno studente di quinta superiore (e non solo) che – tra le altre cose – dovrà affrontare la maturità a giugno. Una delle ansie maggiori è senza dubbio l’Esame di Stato, ci spiega la giovane: «La cosa che temiamo di più di tutte è venire a sapere solo quindici giorni prima come sarà la maturità – come accade per tutte le altre decisioni – e io, da studentessa, so di non avere le basi per affrontare l’Esame di Stato così come è sempre stato fatto». Ecco le ragioni che stanno dietro allo sciopero Dad.



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«Vogliamo chiarezza dal sistema, non dare la colpa alla nostra scuola»

Elisa ci racconta le difficoltà della vita da studente ai tempi della Dad non mancando di sottolineare che il problema non è né rimanere in Dad – «vogliamo tornare in classe solo se c’è la possibilità di tornare in classe, basta che ci spieghino in maniera esaustiva le ragioni di un no e comunichino i cambiamenti per tempo» – né la loro scuola – «vediamo la fatica che fanno i nostri docenti, lavorando il doppio o anche più per preparare le lezioni non sapendo che cosa ci aspetta il giorno dopo». Qualora si dovesse rimanere in Dad quello che chiedono gli studenti italiano è «chiarezza. Si deve rimanere in Dad? Perfetto, allora vogliamo più organizzazione e comunicazione. Noi solo due giorni prima del 7 abbiamo saputo, a differenza di ciò che avevano sempre detto, che non saremmo tornati a scuola. Stessa cosa per oggi, 11 gennaio: quanti giorni prima lo abbiamo saputo che non saremmo tornati? Due». Manca proprio la comunicazione ufficiale della scuola e si basano su ciò che viene detto nei tg perché «i nostri docenti ne sanno quanto noi e siamo tutti sottoposti a molto stress psicologico».



«Non siamo macchinette, non possiamo adattarci in cinque minuti»

La studentessa sottolinea come all’inizio, per i primi mesi, fosse possibile stare in Dad in questo modo con la promessa che – se ci si fosse dovuti tornare a settembre – le cose sarebbero state organizzate per bene. «Il nostro attacco è al sistema governativo e all’istruzione: non siamo macchinette, non possiamo adattarci in cinque minuti alle decisioni prese». Tra i disagi maggiori c’è «l’organizzazione. La confusione regna e probabilmente non riesco neanche io a spiegarti bene perché, dopo mesi e mesi, ancora non c’è chiarezza e ogni cosa è a sé. I docenti fanno davvero fatica, giustamente, a far combaciare le esigenze o anche solo le date delle verifiche con metà classe in Dad e metà in presenza alternate di settimana in settimana».

Le ragioni dello sciopero Dad muto

A questo sciopero Dad hanno aderito anche, oltre all’istituto Falcone di Asola in provincia di Mantova, anche altre scuole nel Mantovano, nel Bresciano e nel Cremonese: «Abbiamo optato per lo sciopero muto perché non volevamo nemmeno trovarci insieme in un luogo fisico rischiando di passare poi per quelli che “ah, non avete rispettato le distanze”. Ci siamo detti: bene, noi facciamo uno sciopero muto: scriviamo una lettera, la inviamo a chiunque e poi vediamo. Muti non siamo perché, comunque, abbiamo dato la nostra impronta e facciamo girare la voce. L’accusa è, quindi, alla «disorganizzazione generale che c’è, con la Azzolina che oggi ha confermato che la didattica a distanza non è efficace».



(Immagine copertina: ipp/clemente marmorino)