Il medico di Bergamo nell’emergenza coronavirus: «Dobbiamo scegliere chi curare, ma non c’è una regola scritta»

09/03/2020 di Redazione

Si chiama medicina delle catastrofi e sposa un principio etico che ben conoscono gli operatori nel settore della sanità. In casi di gravi situazioni critiche, per ottimizzare al massimo le scarse risorse in campo medico, occorre fare delle scelte anche sui pazienti da curare. È la situazione che è stata descritta da Christian Salaroli, anestesista all’ospedale San Giovanni XXIII di Bergamo, una delle strutture messe più a dura prova dall’emergenza coronavirus. L’intervista rilasciata al Corriere della Sera è particolarmente intensa.

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Scegliere chi curare, la verità del medico di Bergamo

«Siamo obbligati a scegliere nel giro di un paio di giorni, al massimo, chi curare. La ventilazione non invasiva è solo una fase di passaggio, per affrontare il coronavirus occorre la ventilazione meccanica. Siccome purtroppo c’è sproporzione tra le risorse ospedaliere, i posti letto in terapia intensiva, e gli ammalati critici, non tutti vengono intubati. Se una persona tra gli 80 e i 95 anni ha una grave insufficienza respiratoria, verosimilmente non procedi».

Si tratta di una scelta dolorosa da fare, ma l’anestesista spiega che il compito dei medici, in questa fase, non è certo quello di fare miracoli. Occorre affrontare le situazioni in base alle risorse a disposizione. Anche in questi casi, ovviamente, si cerca di valutare comunque caso per caso, a maggior ragione perché non sono state date disposizioni in merito sul come procedere. Insomma, non c’è una regola scritta che dice chi curare e chi non curare, ma i medici – in questi giorni – stanno cercando di fare ricorso alle disposizioni che la teoria ha dato loro nel corso della propria formazione.

Scegliere chi curare, il dilemma anche su pazienti con altre patologie

Senza contare che, al momento, si presentano difficoltà evidenti relative agli altri pazienti che continuano ad arrivare in pronto soccorso per altre patologie, diverse dal Covid-19: «In questo momento il diritto alla cura – ha detto Christian Salaroli – è minacciato dal fatto che il sistema non è in grado di farsi carico dell’ordinario e dello straordinario al tempo stesso. Così le cure standard possono avere ritardi anche gravi. Normalmente la chiamata per un infarto viene processata in pochi minuti. Ora può capitare che si aspetti anche per un’ora o più».

Già nei giorni scorsi alcune società come la Siaarti, una ‘società medica’ che si occupa di specializzazioni e della collaborazione alla formazione per quanto riguarda le discipline di anestesia, terapia intensiva, rianimazione e analgesia, hanno provato a dare delle linee guida sulle tipologie di malati da curare in casi di emergenza. Si tratta di disposizioni teoriche da seguire, che non hanno ancora una rispondenza a livello di disposizioni ufficiali. Ma che vengono applicate nella quotidianità di reparti sempre più in difficoltà.

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