Sana Cheema, assolti tutti i parenti per il suo omicidio: «Non ci sono prove»

La morte di Sana Cheema, ragazza pakistana che viveva a Brescia, non ha colpevoli. La giovane 26enne è morta lo scorso 18 aprile mentre si trovava per una breve vacanza nel suo paese di origine: del decesso erano stati incolpati 11 familiari, tra cui il padre la madre ed il fratello, ma sono stati tutti assolti.

Morte di Sana Cheema, assolti tutti gli imputati

Tutti gli 11 imputati accusati di aver ucciso Sana Cheema sono stati assolti. Secondo il tribunale distrettuale di Gujrat, nel Nord-Est del Pakistan, non ci sono prove che la ragazza sia stata uccisa da loro. Il caso di Sana fece molto scalpore: la ragazza da anni viveva a Brescia e aveva ottenuto la cittadinanza italiana da un anno. Secondo quanto avevano raccontato i suoi amici una volta scoperta la sua morte, Sana si era recata nel piccolo villaggio nei dintorni di Mangowal, nel distretto di Gujrat, per una vacanza di tre mesi. Poco prima del suo rientro in Italia però era deceduta improvvisamente. La famiglia aveva dichiarato che la morte era dovuta ad un malore fulminante, forse un infarto. Una giustificazione che non aveva convinto gli amici che la aspettavano in Italia. Il gruppo fece molte pressioni per far luce sulla sua morte, insospettiti dal fatto che sui social network erano spariti tutti gli account della ragazza. Non solo: il funerale era stato fatto già il giorno dopo il decesso, e pare che la ragazza stesse per rientrare in Italia per convolare a nozze con il suo fidanzato italiano, conosciuto a Brescia ed emigrato in Germania. Un matrimonio che la famiglia non poteva accettare e che voleva darla in sposa ad un ragazzo scelto da loro.

L’autopsia sul corpo di Sana Cheema confermò la morte per strangolamento

Dall’autopsia, eseguita dal Laboratorio forense del Punjab dopo aver riesumato il corpo, emerse che la ragazza aveva il collo spezzato e che era morta per strangolamento. Si era aperta quindi la pista del «delitto d’onore», che aveva coinvolto 11 familiari, tra cui il padre Ghulam Mustafa, il fratello Adnan Mustafa e lo zio Mazhar Iqbal che erano già stati portati in carcere. Sembrava che il padre avesse confessato l’omicidio, ma la decisione del giudice è di assolverli tutti per mancanza di prove.

(credits immagine di copertina: ANSA) 

 

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