Migranti, il Tribunale dei ministri dalla parte di Salvini: «Le Ong sbarchino nel loro paese»

Il Tribunale dei ministri ha archiviato il 21 novembre le accuse di omissione di atti d’ufficio e abuso d’ufficio nei confronti dell’ex ministro dell’Interno Matteo Salvini e del capo di Gabinetto Matteo Piantedosi. Il caso riguardava la negazione dello sbarco dei 65 migranti soccorsi dalla nave tedesca Alan Kurdi, sotto la Ong Sea Eye. Il cavillo che ha salvato il leader leghista, come emerge ora dalle motivazioni depositate, sta nella concezione di “primo stato di contatto” a cui spetta l’individuazione del porto sicuro.

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I giudici Maurizio Silvestri, Marcella Trovato e Chiara Gallo scrivono che «l’assenza di norme di portata precettiva chiara applicabili alla vicenda non consente di individuare, con riferimento all’ipotizzato, indebito rifiuto di indicazione del Pos (Place of safety), precisi obblighi di legge violati dagli indagati, e di conseguenza di ricondurre i loro comportamenti a fattispecie di rilevanza penale». La responsabilità di assegnare un porto sicuro per lo sbarco spetta infatti allo Stato di primo contatto che, seguendo «alla lettera» le Convenzioni e gli accordi, «non può che identificarsi in quello della nave che ha provveduto al salvataggio». Assegnare il porto sicuro alla Alan Kurdi spettava quindi allo Stato di cui la nave batte la bandiera, ovvero la Germania.

I giudici hanno anche evidenziato come, nel caso in cui lo Stato bandiera della nave sia troppo lontano, la normativa non offra «soluzioni precettive idonee ai fini di un intervento efficace volto alla tutela della sicurezza dei migranti in percolo». Tutto rimane nelle mani dei singoli paesi, affidando il destino dei migranti in mare ad «una concreta e fattiva cooperazione tra gli Stati interessati che, fino a oggi, è di fatto scritta solo sulla carta».

(credits immagine di copertina: ANSA/ANGELO CARCONI)

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