Top&Flop nel Movimento 5 Stelle dopo la votazione su Rousseau

Come ogni snodo cruciale a livello politico, anche il voto sulla piattaforma Rousseau ha avuto dei vinti e dei vincitori all’interno dello stesso partito, il Movimento 5 Stelle, che ha promosso l’iniziativa. L’esito è noto a tutti: il presunto «record mondiale» su una piattaforma di democrazia diretta (ma non è così) con oltre 73mila voti, il plebiscito a favore dell’accordo con il Partito Democratico, con il 79,3% delle preferenze per il sì. L’esito è stato accompagnato da polemiche e sospetti, tipici di un voto pubblico (gli aventi diritto superano i 150mila utenti) gestito su una piattaforma privata.

Voto piattaforma Rousseau: chi sono gli sconfitti

Logico, dunque, che ci siano vinti e vincitori. Partiamo dagli sconfitti.

Davide Casaleggio: Non ha mai detto una parola. Ha spinto più di tutti per il voto sulla piattaforma Rousseau, imponendolo quasi al resto del Movimento 5 Stelle. Si è limitato a certificare i dati delle votazioni, a esultare per la grande partecipazione, ma non ha commentato l’esito. Del resto, non è un mistero che Davide Casaleggio, molto più vicino al nord e all’universo degli imprenditori al di là del Po, preferisse la Lega come alleato. La sua è stata quasi una fascinazione. Sarà stato terribile per lui sapere che gran parte della base del Movimento 5 Stelle si è mobilitata per dare il suo via libera al Partito Democratico.

Luigi Di Maio: Sconfitto numero due a livello dei quadri del Movimento 5 Stelle, sconfitto numero uno a livello politico. Nella sua conferenza stampa all’interno della quale ha presentato i dati, il leader politico del Movimento 5 Stelle ha evitato accuratamente di nominare il Pd e ha rivendicato i punti del programma sul quale l’accordo si basa come suoi trionfi dopo che «aveva alzato la voce» venerdì scorso, quando l’intesa sembrava più lontana. Non ha detto come ha votato sulla piattaforma, non si è espresso, non ha dato indirizzi. La sua leadership, nonostante rivestirà un ruolo chiave anche all’interno di questo governo, è stata fortemente messa in discussione.

Gianluigi Paragone: È stato il pentastellato che più si è battuto per il no sulla piattaforma Rousseau, secondo soltanto a Davide Barillari (il suo ruolo di consigliere della Regione Lazio, però, non gli ha impedito di avere spazi di visibilità ampi). Aveva detto che si sarebbe ritirato dalla politica in caso di accordo con il Partito Democratico e che sarebbe tornato a fare il giornalista. Oggi, tuttavia, sembra aver fatto retromarcia su questa posizione, dicendo che non ha intenzione di portare via il pallone e di smettere di giocare soltanto perché ha perso. Possiamo facilmente immaginare, quindi, le accuse del web.

Danilo Toninelli: La sua esperienza da ministro è giunta alla fine. La sua rimozione rientra in quei segnali di discontinuità che il Partito Democratico ha richiesto. Del resto, non ci sarebbe stato spazio per lui nemmeno in un governo bis con la Lega. Danilo Toninelli è l’unico che, comunque fosse andata la situazione, avrebbe avuto da perderci.

Voto piattaforma Rousseau, chi sono i vincitori

Molto più nutrito il numero dei vincitori, a partire dal fondatore del Movimento 5 Stelle.

Beppe Grillo: Il fondatore storico del Movimento 5 Stelle insieme a Gianroberto Casaleggio ha dimostrato che uno vale un po’ più di uno. Ha fatto sentire la sua voce come non faceva più da tempo. È tornato, in fondo, al vecchio ovile. Come direbbe Matteo Renzi, un orologio rotto – almeno due volte al giorno – segna l’ora giusta. I suoi video, le sue picconate a Di Maio, sono state fondamentali per registrare l’intesa. Che sia questo un segnale del suo possibile ritorno in campo?

Roberto Fico: Il presidente della Camera ha un ruolo istituzionale. Ma lui rappresenta l’intera ala sinistra del Movimento 5 Stelle, quella che ha prevalso nel volere fortemente l’accordo con il Partito Democratico. Si troverà molto più a suo agio con questa maggioranza, che non con la precedente. Il fatto che le camere non saranno sciolte, poi, preserverà il suo ruolo di terza carica dello Stato.

Marco Travaglio & redazione del Fatto Quotidiano: Sono stati decisivi nello sposare l’endorsement del Movimento 5 Stelle al Partito Democratico: ieri, addirittura, il direttore si è sbilanciato con un editoriale che avrà orientato diversi consensi.

I capigruppo Patuanelli e Francesco D’Uva: Sono i nuovi astri nascenti del Movimento 5 Stelle. Probabile che entrambi (o almeno uno dei due) abbiano un ruolo nel nuovo esecutivo, i cui nomi Giuseppe Conte leggerà quest’oggi al Quirinale. Hanno condotto le trattative con il Pd anche nei momenti più difficili, senza mai perdere la calma, a volte non andando dietro ai capricci di Di Maio.

Giuseppe Conte: Dice che la sua definizione di appartenente al Movimento 5 Stelle non è corretta. Ma, in realtà, è stato lui a essere indicato da Luigi Di Maio come membro della squadra di governo, ancor prima dell’esecutivo giallo-verde. Il suo nome è stato indicato chiaramente nel quesito su Rousseau, a fare da contraltare a quello del Partito Democratico. I suoi consensi sono in ascesa. È riuscito a superare immune anche la crisi di governo, restando al suo posto. Ha acquisito una maggiore autorità anche agli occhi delle istituzioni europee, ha ricevuto il placet di Donald Trump (anche se ha sbagliato a scrivere il suo nome).

s.v. Alessandro Di Battista: Senza voto. Perché è scomparso dai radar. Perché doveva curare un libro sul Partito Di Bibbiano. Perché ha fatto la guerra a Salvini, ma poi avrebbe preferito un bis con la Lega. Da qualche giorno non si hanno sue notizie né sui social network, né al corso di falegnameria a cui si era iscritto prima di un presunto viaggio in India.

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