Dopo 9 anni hanno assolto Rosita Celentano per aver dato della «sciacquetta» a una soubrette

13/12/2018 di Redazione

Quanto dura un processo in Italia per aver utilizzato in un contesto pubblico la parola «sciacquetta»? Nove anni. Tanto ci hanno messo i giudici per assolvere Rosita Celentano, la figlia del cantante Adriano e di Claudia Mori, che aveva apostrofato con un termine – di certo poco elegante – le donne che frequentavano, nel 2009, Matteo Guerra che in quel periodo andava per la maggiore nei programmi di intrattenimento televisivo di Mediaset. Tra queste c’era anche Sara Varone, che – intervenendo telefonicamente nel corso di una puntata di Domenica 5 – aveva annunciato un’azione legale nei confronti della Celentano.

Rosita Celentano e lo sciacquetta-gate

Mettiamo a fuoco il problema. Rosita Celentano ha utilizzato un’espressione inadeguata, contemplata in ogni caso dal vocabolario italiano. La Treccani, alla voce sciacquetta, sottolinea come il termine si riferisca a una «ragazza mediocre e dai modi frivoli, o anche di facile conquista». Basandosi su questa definizione, i giudici della Cassazione hanno annullato gli altri due gradi di giudizio, senza rimandare ulteriormente (sarebbe stato il colmo) la decisione. Quindi, assoluzione per Rosita Celentano, dal momento che il fatto non sussiste.

La vicenda paradossale di Rosita Celentano

Sorprendenti anche le precedenti sentenze di condanna. Rosita Celentano, infatti, era stata condannata in primo grado al pagamento di una multa da 800 euro, diminutita di 200 euro in appello (600 euro). Una cifra abbastanza irrisoria, specialmente per chi è abituato a calcare palcoscenici televisivi. Tanto rumore per nulla, quindi.

Il caso di Rosita Celentano e della «sciacquetta» è soltanto un esempio di come alcune vicende giudiziarie paradossali (che, con un po’ di buon senso, si sarebbero potute risolvere in altro modo) intasino i nostri tribunali, sottraendo tempo a processi importanti.

FOTO ANSA/LUCA ZENNARO

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