Da profughi a cittadini: così i rifugiati diventano italiani

Ottenimento del permesso di soggiorno e acquisto della cittadinanza italiana. Sono il primo e l’ultimo step del percorso che può condurre gli stranieri richiedenti e beneficiari di protezione internazionale a condurre una vita stabile nel nostro paese. L’iter dei rifugiati, stranieri fuggiti da guerre o discriminazioni, viene ricostruito nelle linee guida diffuso dal Ministero dell’Interno.

RIFUGIATI, CHI SONO –

La Convenzione firmata a Ginevra il 28 luglio 1951, recepita in Italia con una legge del 1954 ,all’articolo 1 definisce rifugiato «chi temendo a ragione di essere perseguitato per motivi di razza, religione, nazionalità, appartenenza ad un determinato gruppo sociale o per le sue opinioni politiche, si trova fuori del Paese di cui è cittadino e non può o non vuole, a causa di questo timore, avvalersi della protezione di questo Paese; oppure che, non avendo una cittadinanza e trovandosi fuori del Paese in cui aveva residenza abituale a seguito di siffatti avvenimenti, non può o non vuole tornarvi per il timore di cui sopra».

RIFUGIATI, PERMESSO DI SOGGIORNO –

Lo status di rifugiato viene riconosciuto da una Commissione territoriale in seguito alla presentazione di una domanda di protezione internazionale. La protezione viene garantita a chi dimostra, come stabilisce la Convenzione di Ginevra, il fondato timore di subire nel proprio Paese discriminazioni o violenze. Con l’ottenimento del riconoscimento ai rifugiati la Questura rilascia un permesso di soggiorno per asilo politico, che ha una durata di 5 anni, che è rinnovabile e che viene successivamente rinnovato tramite una procedura postale.

RIFUGIATI, ISCRIZIONE ANAGRAFICA E CARTA D’IDENTITÀ –

I richiedenti asilo, sia quelli che si trovano in attesa di audizione presso la Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale, sia quelli in fase di ricorso giurisdizionale, hanno tutti diritto ad un’iscrizione anagrafica, che è un prerequisito per il rilascio della carta d’identità. L’articolo 26 della Convenzione di Ginevra, in particolare, prevede che «ciascuno Stato contraente concede ai rifugiati che soggiornano regolarmente sul suo territorio il diritto di sciogliervi il loro luogo di residenza». E l’articolo 27 obbliga gli Stati a rilasciare documenti d’identità «a tutti i rifugiati che risiedono sul territorio e non possiedono un titolo di viaggio valido».

In linea generale la giurisprudenza ritiene che il diritto all’iscrizione anagrafica sia un diritto soggettivo di uno straniero regolarmente soggiornante immediatamente esigibile e che non comporta alcuna valutazione discrezionale da parte della pubblica amministrazione, ad eccezione dei poteri di verifica disciplinati dalla legge. In assenza di ognuno dei presupposti oggettivi necessari per l’iscrizione anagrafica (dimora, domicilio o nascita nel Comune) lo straniero può essere iscritto nell’apposito Registro nazionale delle persone che non hanno fissa dimora tenuto da ogni Comune nell’ambito di un apposito Schedario nazionale.

Per quanto riguarda invece i richiedenti asilo dei Cara (i Centri d’accoglienza per i richiedenti asilo), essi vengono accolti per un intervallo di 20 o 35 giorni. Trascorso il periodo di tempo, in caso di indisponibilità di posti Sprar (Servizio centrale del sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati) o di insufficienza di mezzi, sono autorizzati a restare. In questo caso la permanenza che supera i tre mesi viene considerata dimora abituale (presupposto per l’iscrizione anagrafica presso lo stesso Cara). L’ospitalità presso i centri collettivi di accoglienza per richiedenti asilo, dunque, viene configurata tra le convivenze anagrafiche.

 

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RIFUGIATI, DIRITTI –

Una volta ottenuta l’iscrizione anagrafica (oltre al rilascio della carta di identità) si possono esercitare importanti diritti fondamentali. Si può accedere all’assistenza sociale o ad eventuali sussidi o contributi da parte del Comune, partecipare a bandi per l’assegnazione di un alloggio, iscriversi al Servizio Sanitario Nazionale, partecipare all’amministrazione locale (secondo quanto prevedono gli statuti comunali), presentare determinate dichiarazioni all’Ufficiale di Stato civile in materia di cittadinanza, ed anche chiedere il conseguimento della patente di guida o la conversione di una patente di guida estera. Va comunque rilevato che la mancata iscrizione anagrafica non preclude l’esercizio di diritti fondamentali, come il diritto allo studio dei minori e il diritto alle cure sanitarie.

RIFUGIATI, CITTADINANZA –

La normativa italiana prevede diverse strade per l’acquisto della cittadinanza: il matrimonio, il beneficio per legge e la naturalizzazione. Quest’ultimo caso, è detta anche cittadinanza «per residenza» (perché consiste nella concessione, mediante atto pubblico, della cittadinanza allo straniero che abbia avuto nel paese un determinato periodo di residenza legale) e interessa maggiormente proprio i beneficiari di protezione internazione. Ai rifugiati, come agli apolidi, sono richiesti 5 anni di residenza legale invece dei 10 richiesti invece agli straieri regolarmente soggiornanti. La residenza richiesta, va precisato, non coincide con l’iscrizione anagrafica ma con la dimora effettiva.

(Foto di copertina: ALBERTO PIZZOLI / AFP / Getty Images)

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