Gli accademici non trovano che Meta sia un ambiente favorevole alle ricerche sui social network

Questo vale sia per i ricercatori esterni alla società, sia per i ricercatori interni

06/12/2021 di Redazione

C’è un problema tra Meta e il mondo accademico della ricerca. Non sono state soltanto le rivelazioni della whistleblower Frances Haugen a evidenziarlo, ma anche le analisi dei ricercatori – esterni e interni – che hanno avuto modo di indagare sui comportamenti legati ai social network e che hanno richiesto l’accesso a dati in possesso della società di Mark Zuckerberg. Stando a quanto raccolto dal Financial Times, infatti, Meta presenterebbe delle regole eccessivamente stringenti a tutti gli studiosi intenzionati a condurre delle ricerche sul suo conto, chiedendo persino di avere il controllo sui risultati dei lavori, prima che questi ultimi possano essere pubblicati.

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Ricercatori su Meta, l’analisi del Financial Times

Il contratto – visionato dal FT – a cui viene sottoposto il ricercatore esterno che voglia accedere a dati in possesso della società di Menlo Park recita: «Facebook avrà l’opportunità di rivedere le bozze […] con sufficiente anticipo rispetto alla data di pubblicazione o divulgazione prevista […] esclusivamente per identificare eventuali informazioni riservate o dati personali che possono essere inclusi o rivelati in tali materiali e che devono essere rimossi prima della pubblicazione o della divulgazione». Meta (ex Facebook Inc.) ha spiegato che una precauzione del genere è necessaria, in quanto eventuali ricerche possono violare il patto di privacy che sussiste tra la piattaforma e i suoi utenti. Soprattutto dopo Cambridge Analytica, infatti, Facebook è stato molto attento e severo nei confronti di chiunque abbia avuto accesso al data base della compagnia.

Tuttavia, per molti si tratta semplicemente di uno specchietto per le allodole. E anche i ricercatori interni a Meta, di fatto, subiscono queste conseguenze. Frances Haugen ha mostrato al mondo come i risultati di indagini interne alle piattaforme di Mark Zuckerberg fossero in qualche modo sottovalutati, nel caso in cui dovessero essere difformi rispetto all’immagine che Meta vuole dare di sé al mondo. Così, ad esempio, erano stati messi a tacere quegli indicatori che mostravano come le ragazze minorenni, nell’usare Instagram, si sentissero a disagio con il proprio corpo, se già presentavano problemi di autostima.

Ricercatori interni ed esterni: tutti con gli stessi problemi

Nell’analisi del Financial Times, risulta che anche i ricercatori interni a Meta abbiano perplessità su come queste ricerche vengono condotte, sul valore che viene dato a queste stesse ricerche e sulle limitazioni che devono scontare una volta realizzate. Non si possono pubblicare in libri o lavori di altro genere successivi alla loro carriera interna a Meta, vengono sottoposte alle stesse regole di controllo valide per i ricercatori esterni. Qualcuno degli accademici interni a Meta, consultato dal FT, è arrivato ad affermare come la compagnia sia una delle peggiori per progredire nella carriera di ricercatore su temi del social networking.

Controllo di dati, distribuzione di numeri parziali, analisi dei risultati prima della diffusione delle ricerche: in un mondo che si sta sempre più interrogando sul ruolo che i social network hanno nelle relazioni quotidiane e che si sta svegliando dal torpore con cui ha accolto queste piattaforme nei primi anni della loro attività, è possibile che sia così difficile comunicare con loro, studiarle, criticarle?

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