Uccise in «tempesta emotiva», il presidente della corte d’Appello spiega che la gelosia non è stata un’attenuante

04/03/2019 di Enzo Boldi

Ha fatto discutere la sentenza della Corte d’Appello di Bologna che ha ridotto la pena di un uomo a soli 16 anni di carcere per aver ucciso a Riccione una donna con cui si stava frequentando. Si è parlato di «raptus emotivo», quindi di gelosia che avrebbe mosso il 57enne a infierire sul corpo della sua compagna e ucciderla. L’ha strangolata a mani nude, poi ha inscenato un suicidio. Per i giudici, però, tutto questo non è servito per confermare la condanna all’ergastolo, arrivando – seguendo alcuni step procedurali – alla pena di 16 anni di reclusione.

«La misura della responsabilità (sotto il profilo del dolo) era comunque condizionata dalle infelici esperienze di vita, affettiva, pregressa dell’imputato – spiega il presidente della Corte di Appello di Bologna Giuseppe Colonna -, che in passato avevano comportato anche la necessità di cure psichiatriche, che avevano amplificato il suo timore di abbandono». I giudici hanno deciso di concedere le attenuanti generiche a Michele Castaldo, imputato per l’omicidio di Olga Matei, a Riccione, nel 2016.

La sentenza sul femminicidio di Riccione e la non attenuante della gelosia

Secondo Giuseppe Colonna, le attenuanti concesse all’imputato non sono derivate dalla gelosia – e quindi dalla sottovalutazione del problema che, secondo lui, è stato considerata una vera aggravante nel giudizio -, ma si è basata anche sulla immediata e spontanea confessione e sul fatto che l’imputato ha tentato di iniziare a risarcire la figlia della vittima. Tutto questo è bastato per concedere un clamoroso e rumoroso sconto di pena. E la sintesi delle motivazioni della sentenza sul femminicidio di Riccione è data dallo stesso presidente della Corte d’Appello di Bologna, che parla di scelte puramente tecniche in base a tutto ciò che è emerso nel corso delle indagini.

Grazie alla confessione dell’uomo si è arrivati a trovare il responsabile

Solo la confessione «aveva infatti apportato nel processo i dati conoscitivi (altrimenti ignoti e insondabili), che hanno consentito di fondare l’affermazione di sussistenza della aggravante (che determina la elevazione della pena dalla normale ‘forbice’ 21-24 anni di reclusione a quelle fissa dell’ergastolo, che, in caso di abbreviato, si ridetermina in anni 30 di reclusione)».

(foto di copertina: archivio Ansa)

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