La conferma del Viminale: il sindaco leghista di Riace era ineleggibile

24/09/2019 di Enzo Boldi

Il primo di ottobre il tribunale di Locri ha fissato l’udienza sul caso dell’elezione di Tonino Trifoli, divenuto sindaco di Riace – l’ex città dell’accoglienza – dopo le elezioni dello scorso 26 maggio. Il motivo di questo atteso pronunciamento sta nel ruolo che lo stesso esponente della Lega ricopriva al momento della sua candidatura: era dipendente del Comune e, per questo motivo (secondo i regolamenti) non poteva essere iscritto nelle liste elettorali.

Il tutto è stato confermato da una lettera inviata dal Viminale alla prefettura di Reggio Calabria lo scorso 13 settembre. Una nota in cui si parla esplicitamente di questa violazione formale che, poi, lo ha portato a diventare il successore di Mimmo Lucano.

La nota del Viminale sul sindaco di Riace

«Posto che il signor Antonio Trifoli è un ex lavoratore di pubblica utilità che, a far data dal primo gennaio 2015, è stato contrattualizzato (dal Comune di Riace) con fondi a totale carico della Regione Calabria, – si legge nella nota del ministero dell’Interno inviata alla prefettura di Reggio Calabria -nel caso di specie viene in considerazione la situazione di ex lavoratori socialmente utili o di pubblica utilità stabilizzati a termine e, quindi, titolari di un rapporto a tempo determinato con il Comune».

La nota prosegue con i dettagli della normativa vigente: «Ciò stante, alla luce delle coordinate interpretative, tale condizione lavorativa caratterizzata dalla sussistenza, in capo al sindaco di Riace, di un rapporto di lavoro di carattere subordinato, a tempo parziale (26 ore settimanali) e determinato, rende applicabile, al caso di specie, la disciplina di cui al combinato disposto del comma 1, n. 7 e comma 8 dell’articolo 60 del decreto legislativo 267/2000».

Oltre la burocrazia: anche per il ministero era ineleggibile

Paroloni burocratici e regolamenti che si possono sintetizzare rapidamente con la storia professionale dell’attuale sindaco di Riace (in attesa di giudizio). Antonio Tonino Trifoli, infatti, era un dipendente a tempo determinato del comune calabrese. Per potersi candidare si sarebbe dovuto licenziare dal proprio ruolo – aveva la qualifica di istruttore di vigilanza di categoria C -, ma il suo percorso fu ben diverso: prese un’aspettativa non retribuita per motivi elettorali che, però, non era nei suoi diritti per via del suo contratto di lavoro che non era a tempo pieno.

«Ciò che conta, al fine della sussistenza della causa di ineleggibilità, è la presenza delle condizioni tipiche del rapporto di impiego subordinato – si legge ancora nella nota del Viminale alla prefettura di Reggio Calabria -, cosi come declinate dalla giurisprudenza amministrativa ed ordinaria formatasi in materia, quali la sottoposizione ad ordini e direttive e l’inserimento del lavoratore nella struttura dell’ente».

(foto di copertina da profilo Facebook di Antonio Tonino Trifoli)

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