Le 78mila firme dimostrano che l’Italia ha bisogno di una legge contro il revenge porn
12/12/2018 di Gianmichele Laino
«Qualche giorno fa, dopo aver pubblicato la petizione per una legge contro il revenge porn, ci è arrivata una segnalazione di una ragazza che ci ha raccontato la sua storia. Dare voce a questa problematica fa sentire le vittime meno sole, fa capire che queste cose succedono. E che vanno denunciate». Irene Facheris è la portavoce dell’associazione Bossy. Con I Sentinelli di Milano e con l’associazione Insieme in Rete, hanno raccolto l’invito di Silvia Semenzin, la ragazza che ha fatto partire l’iniziativa contro il revenge porn.
Revenge porn, venerdì la consegna delle firme
Iniziativa da record: sono state raccolte oltre 78mila firme, che venerdì 14 dicembre verranno consegnate all’ex presidente della Camera Laura Boldrini. Starà a lei cercare di portare questa istanza in Parlamento e rendere concreta quella che, al momento, è un’esigenza condivisa.
«I Sentinelli di Milano – dice a Giornalettismo Luca Paladini – si sono sempre interessati alle tematiche che riguardano l’odio in rete. Tempo fa abbiamo organizzato anche la prima manifestazione sul tema, portando 3000 persone in piazza San Babila. Il problema è che c’è un grado diffuso di deresponsabilizzazione di ciò che si scrive e si pubblica in rete. È quella che si può definire banalità del male».
Dietro al percorso che le tre associazioni hanno condiviso e che ha portato alla convergenza sulla proposta lanciata da Silvia Semenzin, ci sono le storie di chi è stato coinvolto in prima persona in minacce sul web, ma anche di tanti testimoni di quella che, oggi, è una prassi comune. Giri un video di sesso e lo pubblichi dappertutto, con la vittima inconsapevole che sarà collegata per sempre a quelle immagini che dovevano restare private. Il pensiero, inevitabilmente, va a Tiziana Cantone e a quello che le è successo.
Le associazioni unite nella lotta al revenge porn
«All’inizio ci dicevano che era un tema di nicchia – ci dice Vittoria Gheno di Insieme in rete -. Noi ci abbiamo creduto, invece, perché è un problema diffuso. Il legislatore deve farsene carico perché deve rispondere alle esigenze delle persone. Rientra nell’obiettivo della nostra associazione: anche una legge contro il revenge porn è un modo per mettere in atto un esercizio consapevole della cittadinanza».
Questa cultura e questo rispetti civico deve, per forza di cose, partire dalle scuole. Tutte e tre le associazioni si sono impegnate a trasmettere questi messaggi negli istituti. Insieme in Rete è stata contattata da alcuni studenti dell’Università Cattolica di Brescia che stanno portando avanti un progetto di sensibilizzazione sul tema del revenge porn e dell’odio sul web, Bossy e I Sentinelli partono dai banchi delle aule delle nostre scuole per raccontare cos’è la sessualità, cos’è il consenso e cos’è la disponibilità. Soltanto partendo da queste parole chiave (e dalle loro sfumature) si può cercare di far capire ai ragazzi quali sono i limiti che non devono essere superati.
«Un’altra cosa che va sottolineata – dice Facheris di Bossy – è il trattamento con due pesi e due misure delle vittime del revenge porn. Sia gli uomini, sia le donne vengono privati della loro intimità, violata in entrambi i casi. Ma pubblicamente, se è una donna la vittima del revenge porn, il comportamento di chi guarda il video è molto più feroce. L’uomo che fa sesso è figo, la donna invece sbaglia a prescindere».
Tutti questi elementi, da venerdì, saranno a disposizione della politica. Quella pura, intesa come proiezione della polis e non come semplice opposizione di schieramenti. La speranza delle tre associazioni che hanno lavorato alla diffusione della petizione è che questa urgenza espressa dalla società italiana possa prendere forma. Il percorso è ancora lungo, ma c’è speranza.