I titoli dei giornali sulla reunion di Friends esagerano parlando di «polemica»

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Cercare a tutti i costi i click con titoli forzati rischia di vanificare importanti battaglie civili e sociali

Della reunion Friends del prossimo 27 maggio su HBO Max nel parlano tutti. Una notizia sicuramente importante, che non passa inosservata e che può catalizzare l’attenzione di moltissimi. Questo il principio che spinge i giornali a parlarne con titoli come «”Dopo 17 anni ancora nessun amico nero?”: è polemica per la reunion di Friends» (Huffington Post), «Polemica sulla reunion di Friends: “Dopo 17 anni nessun amico nero?”» (TPI) e «Friends, “in 17 anni non vi siete fatti neanche un amico nero?”: scoppia la polemica per la reunion» (Il Fatto Quotidiano). Prendendo, per esempio, il pezzo di HuffPost sulla reunion Friends – visto il tenore del titolo – ci si aspetterebbe di trovare i numeri e i toni di una polemica ampia ma, andando a ben vedere, sono citati dei tweet che non hanno collezionato un numero tanto alto di reactions.



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Titoli reunion Friends, forzata un po’ la mano

A fare questa riflessione è stato il giornalista Alessandro Sahebi tramite le sue storie Instagram. Il giovane non è di certo nuovo a questo tipo di contenuti, considerato che la sua opera sul social mira a informare su particolari tematiche sociali e legate all’inclusività. Quello che giustamente viene sottolineato è che sui social questo articolo di HuffPost – così come quelli che hanno titolato in modi simili – hanno collezionato moltissime reazioni (decisamente di più rispetto a quelli dei tweet embeddati per dare prova della polemica).



Fortunatamente quella che potrebbe essere un’esca per ottenere click ha – nella maggior parte dei casi – scatenato l’effetto contrario. In molti hanno centrato il punto con commenti come «questo tipo di polemiche sono davvero assurde ed inutili e aggiungono nulla alla lotta al razzismo, che è un tema molto importante e serio» o  «ma queste “polemiche” le fa veramente qualcuno o le inventano i giornalisti? Chiedo per un amico (nero, naturalmente)».

Le polemiche sterili rischiano di vanificare le battaglie importanti

In un mondo in cui la stampa, se online, è assoggettata al numero di click che fa un articolo è semplice capire da quale esigenza derivino scelte come queste. Titoli del genere, che fanno leva su una parola forte come “polemica”, fanno pensare a qualcosa di molto peggiore rispetto a quello con cui abbiamo a che fare. Gli articoli però sono l’esca perfetta per quelli che iniziano a urlare al politically correct che ci vuole addomesticare – come sempre più spesso accade ultimamente per episodi televisivi come il programma di Pio e Amedeo -.



«Magari mi sono perso qualcosa ma non sembra assolutamente una polemica – scrive nelle sue storied Sahebi – viene da pensare, con un pizzico di malizia, che sia il solito titolo clickbait per attrarre traffico». E continua, aprendo a una riflessione sulla stampa: «O, con un po’ di sospetto, l’ennesimo episodio di una strategia più ampia finalizzata a ridicolizzare i movimenti per i diritti civili e sociali. La stampa ha più volte dimostrato come le parole siano un’arma molto efficace per il mantenimento dello status quo. La delegittimazione passa anche dalle narrazioni distorte».