L’affaire Spotify e quei podcast che possono muoversi sul sottile filo dell’ambiguità

Oggi si registra anche la cancellazione della musica di Joni Mitchell dalla piattaforma, per solidarietà con quanto fatto da Neil Young

30/01/2022 di Redazione

C’è una preoccupazione diffusa, da parte dei dipendenti di Spotify, per quello che potrebbe succedere alla compagnia nel caso in cui proteste come quella di Neil Young, che ha rimosso la sua musica dalla piattaforma vista la presenza contemporanea sulla stessa del podcast di disinformazione sul coronavirus firmato da Joe Rogan. Nella giornata di ieri, anche Joni Mitchell ha fatto sapere che, in solidarietà con quanto deciso da Neil Young, ha rimosso la sua musica da Spotify. Insomma, la valanga sta diventando sempre più grande e le cose potrebbero sfuggire di mano proprio a Spotify che, fino a questo momento, si è fatto forza basandosi sulla sua preminenza sul mercato, basandosi sulla sua potenza contrattuale con altri musicisti e sui suoi investimenti nel settore dei podcast (che superano le singole performance di molti cantanti in catalogo).

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Regolamento Spotify consente alcune affermazioni controverse nei suoi podcast

Spotify non sta facendo altro che contrapporre a questa valanga di proteste e a questi casi iceberg (come Neil Young e Joni Mitchell) le sue policies sui contenuti: quali sono quelli espressamente vietati? In base a quanto comunicato da Dustee Jenkins, responsabile delle comunicazioni globali e delle pubbliche relazioni di Spotify, ai dipendenti della piattaforma, non c’è nulla di diverso rispetto a quelle che sono le naturali linee guida previste dal servizio di streaming. E allora saranno da ritenere contenuti a rischio quelli che infrangono una di queste regole:

«Pubblicare tracce che promuovono contenuti pericolosi, falsi o ingannevoli sull’assistenza sanitaria che possono causare danni offline e/o rappresentare una minaccia diretta per la salute pubblica, come ad esempio:
– Negare l’esistenza dell’AIDS o del COVID-19;
– Incoraggiare il contagio deliberato e volontario di una malattia o malattia grave o pericolosa per la vita;
– Suggerire che il consumo di candeggina può curare varie malattie;
– Suggerire che indossare una mascherina causerà a chi lo indossa un danno fisico imminente e pericoloso per la vita;
– Promuovere o suggerire che i vaccini sono progettati per causare la morte».

Dunque, queste sarebbero le policies utilizzate da Spotify per rimuovere contenuti fake dalla piattaforma. Ma Joe Rogan, come ha dimostrato in passato, non ha bisogno di infrangere una di queste regole per fare audience. Basta muoversi nelle zone di frontiera: se, come ha notato The Verge, si afferma che la protezione con mascherine non funziona, allora non si rientra in una delle casistiche previste dalle policies di Spotify. Allo stesso modo, dire che si muore in seguito ai vaccini potrebbe essere una affermazione consentita, purché non si dica che i vaccini siano stati progettati per uccidere. Si parla del divieto di affermare che la candeggina potrebbe curare le malattie, ma non di vari metodi alternativi che sono ampiamente diffusi nei contenuti amati dai no-vax. Così come non c’è nulla a proposito di teorie complottiste di altro genere, il cui contenuto sembra poter essere streammato tranquillamente.

Al momento, da Spotify sono arrivate soltanto laconiche rassicurazioni sul fatto che la società si fidi delle policies previste per combattere la disinformazione.

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