Razzismo negli stadi, nessuna sanzione per i cori contro Kessie e Lukaku: l’inquietante silenzio italiano

Nessun provvedimento per gli episodi di razzismo contro il centrocampista ivoriano del Milan Franck Kessie e per quelli contro l’attaccante belga dell’Inter Romelu Lukaku. Il giudice sportivo della Serie A Gerardo Mastrandrea non ha punito i tifosi dell’Hellas Verona e quelli del Cagliari dopo i buuu razzisti indirizzati verso i due giocatori.

Il comunicato del giudice sportivo

Nel comunicato, pubblicato sul sito della Lega Serie A, si legge: «Il Giudice Sportivo, […] considerato che il responsabile dell’Ordine pubblico ha fatto conoscere che la Questura di Cagliari ha segnalato che nelle fasi antecedenti il calcio di rigore, e solo in quella occasione, dal settore ‘Curva Nord’, abitualmente occupato dalla tifoseria di casa, si sono levati cori, urla e fischi nei confronti dell’atleta avversario Lukaku che si apprestava ad effettuare il tiro da rigore e che in tale circostanza dalla zona posta a sinistra guardando la porta sono stati percepiti alcuni versi da parte di singoli spettatori che però non sono stati intesi dal personale di servizio, né in vero dai collaboratori della Procura federale, come discriminatori a causa dei fischi e delle urla sopra menzionati; ritenuto, in ogni caso, che non possono essere integrati i presupposti, in termini di dimensione e reale percezione, prescritti dall’art. 28 comma 4 CGS per la punibilità a titolo di responsabilità oggettiva delle condotte in questione, il Giudice Sportivo delibera di non applicare sanzioni a carico della Soc. Cagliari».

Nemmeno una parola, invece, in merito ai presunti cori nei confronti di Kessié: gli ispettori della procura federale, nel loro referto, non hanno riportato di aver percepito alcun ululato razzista.

Il problema razzismo negli stadi italiani

Questa doppia assoluzione dimostra ancora una volta l’inquietante silenzio italiano. Chi era presente allo stadio di Cagliari e in quello di Verona, ma anche chi ha visto le partita da casa, ha sentito chiaramente e ripetutamente i fischi indirizzati ai due calciatori. Eppure chi avrebbe potuto prendere decisioni forti non l’ha fatto. Entrambi gli episodi sono stati sottolineati con forza dai giocatori: Lukaku ha pubblicato un lungo post su Instagram in cui condanna duramente ogni forma di razzismo.

«Molti giocatori nell’ultimo mese sono stati vittime di abusi razzisti. A me è successo ieri. Il calcio è un gioco che deve far felici tutti e non possiamo accettare nessuna forma di discriminazione che lo possa far vergognare. Spero che tutte le Federazioni del mondo reagiscano duramente contro tutti i casi di discriminazione. Instagram, Twitter, Facebook devono lavorare meglio così come le società calcistiche perché ogni giorno si vede almeno un commento razzista sotto al post di una persona di colore. Noi lo diciamo da anni ma ancora nessuno si muove. Signore e signori, siamo nel 2019 e invece di andare avanti stiamo tornando indietro. Penso che noi giocatori dovremmo unirci per fare una dichiarazione su questo problema: dobbiamo mantenere il nostro gioco pulito e divertente per tutti», ha scritto l’attaccante belga dell’Inter.

Il procuratore di Kessie, dopo che l’Hellas Verona ha negato di aver percepito cori razzisti durante la partita contro il Milan, ha duramente attaccato la società scaligera: «Ho trovato inaccettabile, vergognoso il comunicato del Verona», ha detto George Atangana, il manager del giocatore. «Smentisce i fatti e conferma la tendenza a considerare normale ciò che non lo è affatto. Non vedo alcuna vera volontà, in Italia, di affrontare e risolvere il problema, come invece accade in altri Paesi europei». Il probabile riferimento è al Chelsea: il club inglese ha infatti deciso di impedire a vita l’accesso allo stadio Stamford Bridge a un tifoso, dopo gli insulti razzisti rivolti all’attaccante del Manchester City Raheem Sterling.

Da Koulibaly a Boateng, un’infinità di episodi rimasti impuniti

Quelli di Lukaku e Kessie sono solo gli ultimi due episodi di razzismo negli stadi. La lista è davvero lunga e in molti casi i responsabili sono rimasti impuniti. Nella stagione 2000-2001 l’attaccante nigeriano del Treviso Akeem Omolade fu bersagliato di fischi da parte dei tifosi della propria curva. Nella partita successiva i suoi compagni entrarono in campo tutti con il volto dipinto di nero, allenatore compreso. Nel 2005 il difensore del Messina Andrè Kpolo Zoro, durante la partita contro l’Inter a San Siro, dopo l’ennesimo insulto ricevuto prese in mano il pallone e minacciò di uscire dal campo. Più recente è invece l’episodio con protagonista Kevin Prince Boateng: durante un’amichevole contro la Pro Patria, l’ex centrocampista del Milan, stanco dei continui cori razzisti provenienti dal settore dei tifosi della squadra avversaria, prima scagliò il pallone contro la rete di recinzione, poi lasciò il campo rifiutandosi di continuare a giocare, seguito dal resto della squadra. E ancora, torniamo in Serie A alla Sardegna Arena, stadio del Cagliari: i tifosi di casa due anni fa bersagliarono i giocatori della Juventus Blaise Matuidi e Moise Kean. Restando sempre nella massima serie calcistica, impossibile dimenticarsi dei buuu ricevuti da Kalidou Koulibaly lo scorso dicembre durante Inter-Napoli. Fino al caso più recente, in Premier League, con protagonista Paul Pogba: l’ex centrocampista della Juventus, ora al Manchester United, è stato oggetto di pesanti insulti razzisti su Twitter dopo l’errore dal dischetto durante la partita contro il Wolverhampton giocata lo scorso 19 agosto.

[CREDIT PHOTO: ANSA/DANIEL DAL ZENNARO]

 

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