L’infermiera del pronto soccorso al ragazzo di colore: «Torna in Africa». Lui: «Non vedo l’ora di riabbracciarla»

29/01/2018 di Redazione

Musah Awudu è un mediatore culturale ghanese che opera a Benevento. Ha un piccolo infortunio domestico e si reca al pronto soccorso dell’ospedale della cittadina campana per essere medicato. Invece, quella visita di routine si trasforma in un paradosso. Il ragazzo ha una discussione con un’infermiera, che si spazientisce, che non riesce a separare il suo ruolo professionale dalle sue idee politiche: «Questo è il mio Paese, se non ti piace torna in Africa».

RAGAZZO COLORE BENEVENTO, LA DISCUSSIONE CON L’INFERMIERA

Tutto il racconto della surreale discussione viene fornito dallo stesso Musah sui suoi profili social: «Sono qui al pronto soccorso per una visita. L’infermiera di turno non si sta preocupando della mia salute, è molto infastidita dalla mia presenza, quindi mi chiede perché sono venuto in Italia? Io rispondo: ‘chiedimi del mio problema, per favore’, ma lei continua: ‘no no, questo è il mio paese e se non ti piace torna in Africa’».

RAGAZZO COLORE BENEVENTO, LA GIUSTIFICAZIONE

La discussione prosegue anche sui simboli religiosi e sulle idee politiche: «Viva Salvini, viva l’Italia» avrebbe detto l’infermiera, mentre Musah era ancora in attesa della visita di un dottore. Contattato dal quotidiano La Repubblica, tuttavia, il mediatore culturale ha voluto giustificare l’infermiera, sostenendo che era stanca e stressata per una giornata di lavoro.

Nei minuti immediatamente successivi alla pubblicazione del post, il ghanese di 37 anni ha anche affermato che avrebbe voluto incontrarla nuovamente per poterla abbracciare. Insomma, un vero e proprio gesto di superiorità morale: «Ora voglio prendermi un paio di giorni per riflettere – ha raccontato Musah a La Repubblica -. Il post è stato una reazione a caldo, non mi aspettavo davvero tutta questa pubblicità».

L’Ospedale Rummo di Benevento ha immediatamente avviato un’indagine interna, che smentirebbe la circostanza raggontata dal mediatore culturale: «Dalle risultanze dell’inchiesta, derivanti dall’ascolto degli operatori presenti – si legge nella nota – emergerebbe una realtà dei fatti diametralmente opposta a quella rassegnata alla stampa. All’inverso, la dipendente chiamata in causa ha concretamente dimostrato con una pregressa attività di volontariato in Africa una profonda sensibilità all’accoglienza di chi, a causa di guerre o di povertà, è costretto a lasciare i lidi natii. In presenza di un’accusa tanto infamante, la dipendente in questione ha presentato denuncia a salvaguardia della propria onorabilità. La difesa intransigente dell’umana dignità e la condanna di ogni intolleranza non può e non deve condurre all’opposto a punizioni sommarie sulla base di calunnie non suffragate da prove tangibili».

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